Memorie e DocumentiDr Vito Graziano Parte III - cap. 1
La Matrice è
dedicata a S. Maria Maddalena e sorge nella parte superiore del paese,
in vicinanza dell'antico castello.
La facciata è rivolta ad occidente e finisce in alto con una croce di ferro1 nel centro e le statue di S. Simone e S. Vito alle due estremità. Essa è disegnata in una vignetta del libro di cantofermo, eseguito da Sac. D. Santo Gigante nel secolo XVII. L'interno della chiesa è diviso in tre navate da due ordini di colonne in muratura, dalle quali partono archi semicircolari, che sorreggono maestose pareti, sulle quali posa la volta di legno svariatissimamente rabescata. Questa è divisa in due parti da un arco, che occupa tutta la larghezza della navata centrale. Le notizie storiche sono ricavate da un libro manoscritto di memorie conservate nell'archivio parrocchiale. L'epoca precisa della sua fondazione non è conosciuta; ma si può argomentare che, costruito il castello, cominciò a dilatarsi l'abitazione nei luoghi vicini ad esso, e la madre chiesa dovette essere innalzata la prima verso il 1200, quando sorse il paese. Nel 1230 essa esisteva con certezza, come risulta dall'iscrizione della Raccomandata. Però nel citato libro di memorie si legge che la maggiore chiesa fu fondata nel 1350; ma ciò è un errore di colui che lo scrisse, come fu dimostrato a pagina 40. Però quella chiesa fu distrutta e differiva da quella attuale per esposizione e grandezza. Infatti l'antica Matrice era esposta a mezzogiorno ed era più piccola, perché la porta maggiore corrispondeva nella cappella dedicata ai SS. Simone e Giuda e l'altare maggiore nella cappella dedicata a S. Rosalia, come si rileva dalle seguenti notizie scritte a pag. 157 del citato libro: Ma questa mutazione di sito è dimostrata chiaramente
in un altro luogo dello stesso libro, dove a pag. 155 si legge quanto
segue: «Nel qual tempo l'antica chiesa era situata con l'altare
maggiore verso tramontana et al presente havendosi rifatta più
grande detto altare è situato verso Levante sotto titolo di S.ta
Maria Maddalena». AN O D.NI. 8. IND. MDX9.
AN.O D.NI MCCCCC, 31 SIMON THADEV. La terza si legge sulla campana grande «Mentem
sanctam spontaneam honorem Deo et patrie liberationem Verbum caro factum
est Deus homo natus et D. Paulus barone vicarius et procurator fecit Hieronimus
de carbati 1550». « S. T. D. D. Honuphrius Affranti ingenio, doctrina, et consilio clarus; virtutum splendore longe clarior; Cicinnae ubi archipresbyter praefuit, pauperum inopiae, quorum pater fuit dictus, Magnae Virginis cultui, quam matris loco habuit; lucrandisque Deo animis, qua verbo, qua exemplo, qua pecuniis, constanter addictus; Panormi, meritis plenus, laetus occubuit. Die XXVI decembris, anno MDCCXLIV, aetatis LXIX».
«R.mus S. T. D. D. Antoninus Gradano archipresbyter canonicus beneficialis rector doctrina, eruditione facundia admirabilis. Pietate, zelo, charitate venerabilis. Amore populi principum observantia praelatorum honore singularis. Heroem avunculum cuius dignitatis et virtutis felicissimus heres. Eo ordine quo natura permisit sequutus omnibus clarus et charus eiusdem prope sepulcrum tumulatus est tertio idus ianuarii. MDCCLXXXVI, aetat. 83 ». Esiste ancora nella sagrestia della Matrice il suo ritratto, sotto il quale vi è questa iscrizione: «Rev. S. T. D. D. Antoninus Gratiano Ciminnensis. Vir. piane inter paucos adnumerandus, quos ardens erexit ad sydera virtus, ingenii praestantia, eruditionis copia, scientiae profunditate spectatissimus, Religionis zelo, cultus divini studio, morum restauratione, Celebris rerum gerendarum prudentia, charitatis ardore, concionandi facundia prorsus eximius, archipresbyter huiusque ecclesiae canonicus, beneficialis rector, ac SS. inquisitionis commissarius primum populi votis, tum corruscantibus in se meritis renuntiatus, gregem sibi commissum XLI ann. spatio verbo, exemplis virtutibus pavit, rexit, tutatus est. In arduis gerendis rebus impavidus, in dissidiis suffucandis praecipuus, in condonandis iniuriis magnanimus, in caeteris excolendis virtutibus nulli secundus. Hic ergo, cui tam multa debent literae, res publica, cives, maiora vera ecclesia, religio, patria completa aetatis suae ann. 83. III. idus iannarii MDCCLXXXVI, inter comunes lacrymas vita functus heroe avunculo suo meruit honorificentissime mortuus copulari, cuius virtù tum et dignitatis fuerat, dum vixit, felicissimus haeres».
«D. O. M. Lugete oves tertium huius saeculi vestri cleri splendorem decoremque patriae, R. mum D. num Can. et archipr. S. T. D. rem D. Joseph Maria Scimeca et La Corte pallida mors hoc sub marmore tenet. Vir cunctis notus, omnibus charus doctrina prudentia, iugi verbi dei praeconio. Ideoque a compluribus praesulibus honorifice habitus. Et populi suffragiis ad hanc custodiam gregis postulatus et electus. Quem bene sancteq. per an. 9 regens omnium moerore cessit e vita 14 nov. bris 1745, aetatis suae 72. Quem huc etsi demisse de se disposuerit, ne tanti viri memoria in aevum obliteraretur, eius charissimi duobus hisce heroibus praedecessoritbus suis consociandum optime duxerunt». Sotto il ritratto, esistente nella sagrestia della Matrice, si legge quest'altra iscrizione: « R.mus D.nus S. T. D.r Can. D. ìoseph M. Scimeca, et La Corte archip. Ciminnae vir piane fortis et ernuditus praedicator indefessus, et eximius: omnibus et praecipue praesulibus charus; inimicis vero amicior, et benefactor; ann. 9 et dieb. 18 diligentissime rexit paraeciam tandem inopinato infestoque morbo brevi correptus, cessit e vita die 14 novem. suae 72 et dier, 2 ». Ebbe a successore il Rev. D. Giacomo Periconio Ciminna
e Naselli il quale nacque in Palermo nell'anno 1772 dal barone del Feudaraso
D. Filippo Ciminna e D. Vincenza Naselli. Abitò sin dall'infanzia
in Ciminna e, quando venne a morte il suo predecessore, egli contava appena
23 anni e non era ancora sacerdote. Tuttavia per consiglio dell'Arcivescovo
di Palermo D. Filippo Lopez si presentò al concorso d'arciprete
e canonico di Ciminna, insieme con un altro concorrente Sac. D. Stefano
Traina, nativo di Ciminna e dottore in sacra Teologia. Questi possedeva
tanta dottrina, che nessuno altro osò tentare la prova del concorso,
nel quale superò di gran lunga il suo competitore. Ma questi invece
fu eletto arciprete a 20 genn. 1795 e prese possesso lo stesso giorno.
Il Traina non mancò di appellarsi, onde il Tribunale della R. Monarchia
sequestrò i frutti della arcipretura22 e ne nacque una lunga lite
dinanzi ai magistrati ecclesiastici. Essa finì per transazione
con un assegno annuo al Traina, il quale morì poco tempo dopo a
28 giugno 1803, in età di anni 48. «D. O. M. Oves quem quaeritis? pastor Adm. Rev.s Can.s D. lacobus Ciminna et Naselli patrie oriundus ac archip. perspicax pudicus munerum executor disciplinae instaurator infatigabilis praeco pauperum parens cordis lesu cultor ann. XLIV vosque qui pavit Panormi ubi natus inopinato morbo X. X bris die MDCCCXXXIX aetat. LXVII defunctus eius corpus huc translatum is eiusdem hoc in sacello hic ut optarat en conditum iacet».
«Adm. Rev. Can. D. lacobus Ciminna et Naselli; Ciminnae oriundus, et archip ingenio officiorum executione disciplinae promotione eximius, praedicatione indefessus, in egenos uti et haeredes effusus, cordis lesu venerator, an 44 gregem pascens. Panormi ubi ortus unde huc delatus, die decima decembris MDCCCXXXIX, aetatis LXVII aegrotans omnium fletuobiit».
« Rev. mus D. nus Can. D. Salvator Cascino Ciminnensis prima aetate philosophiae, theologiae, canonicae facile princeps iuventute morum suavitate, pietatis ecclesiasticae studio simul hac literarum conspicuus. Provecta, pluries archipresbyteratus palaestram subiens vigintimillium prius aeconomus, archipresbyter deinde patriae renuntiatus. Omni tempore vitae mirum inter sellicitas curas suorum quibus fuit patiens, providusque amans. Ingenio, consilio, prudentia, zelo, lingua, manu ad concionandum verbum Dei, et praeclare ad istruendum, ac serendam curam animarum promptus. Tandem sororis nepotum (veluti relicti absque patre) moerore ac omnium suarum ovium ululatu tabida mors gemmam sacerdotum eripuit, decimo quinto kalendas februarii anni 1860».
« Adm. Rev. Can. D. Vitus Brancato et Facella Sacrae Theologiae Professer, iam vicarius foraneus, aeconomus sacramentalis et archipresbyter huius insignis maioris ecclesiae Ciminnae, qui ingenio et predicatione per multos annos Ciminnae et extra perspicue gregem pascens tandem die 25 nov. 1872 omnium fletu obiit aetatis ann. 77». Gli successe il Rev. D. Salvatore Cifrano, nato il 29
giugno 1824 da Vito Citrano e Rosaria Episcopo. 1.Al
posto di essa vi era anticamente un'altra statua, pure in pietra, rappresentante
la titolare della chiesa, S. Maria Maddalena, che cadde nel terremoto
del 5 marzo 1823. Dopo la Matrice la chiesa più importante del
quartiere omonimo è quella di S. Francesco. Le notizie relative
alla detta chiesa sono state ricavate dal libro delle rendite, scritto
dal P. Bonaventura Sceusa nel 1791 e conservato in quest'ufficio del Registro.
Egli racconta che nell'anno 1503 un certo Nicolo La Priola fece il suo
testamento presso il notaro Antonino Bonafede da Ciminna, in data del
29 ottobre VII ind., lasciando erede universale del suo vasto patrimonio
la ven. chiesa di S. Francesco d'Assisi, da edificarsi colle sue rendite,
e delegando come esecutori della sua ultima volontà i minori Conventuali.
Questi accettarono l'incarico con molto piacere, perché avevano il desiderio d'ingrandire il loro convento; ma non potevano farlo per la ristrettezza del luogo e per le frane soprastanti. Perciò dopo la morte del pio testatore, circa l'anno 1505, cominciarono le fabbriche. Costituirono primariamente la navata centrale della chiesa con le rendite del suddetto La Priola e con danaro contribuito da altri benefattori. Quindi fecero un dormitorio con 9 camere esposte a mezzogiorno e 4 a tramontana. Le fabbriche rimasero in tale stato pel lungo spazio di un secolo, finché un altro benefattore, il Rev. Maestro Vincenzo Li Vaccari da Ciminna, ridusse la chiesa nella forma attuale col cappellone e le cappelle laterali, e ciò con denaro proprio, con elemosine dei fedeli e col contributo di onze 200 ottenuto dal Comune per la sua cooperazione, come appare per epoca del 28 novembre 1657 presso notar Francesco La Vignerà. Questi lavori furono cominciati nell'anno 1621, eh'è inciso nel pilastro maggiore che guarda ad oriente, e furono finiti nel 1649. Dopo poco tempo il convento fu finito da un altro frate, il P. Salvatore La Vignerà, il quale nel 1668 fece la volta della chiesa e costruì dalla parte d'oriente un nuovo dormitorio con 4 camere fornite di alcove e al di sotto di esso il refettorio, che fu adattato in seguito per uso di teatro ed oggi di carcere mandamentale, e tutto ciò colle elemosine sue e di parenti suoi, ch'erano molto ricchi. Ciò venne tramandato ai posteri con un'iscrizione incisa in una pietra, posta come architrave nella finestra dell'antico refettorio prospiciente nella pubblica strada: Pater Salvator la Vignerà fecit 1668. Finalmente nel 1802 il P. Luigi Mavaro e il P. Pietro Macaluso da Termini abbellirono di stucco tutta la chiesa, indorarono con oro di mistura la macchinetta del cappellone, e abbassarono l'altare maggiore e la sagrestia, e ciò con onze 170 lasciate in elemosina dal P. Bonaventura Sceusa, che scrisse il libro d'assento e tramandò le suddette notizie. Il Maestro Filippo Cagliola24 narra che il convento di Ciminna in origine appartenne alla custodia (provincia) di Girgenti, e poi passò a quella di Palermo, e racconta anche che in esso visse il frate Filippo Padormo fino all'età di 115 anni con perfetta salute sino all'ultimo giorno di sua vita. Con privilegio del 16 maggio 1682 il principe di Partanna D. Benedetto Grifeo concesse al convento l'uso dell'acqua che andava alla fontana Piazza, dall'avemaria allo spuntare del sole. La detta concessione fu confermata da un'altra, fatta dal Comune al detto convento con atto del primo novembre XIII ind. 1794 presso il not. Vito Antonino Cottone. Il convento fu abolito con la legge di soppressione nel 1866 e insieme colla chiesa ceduto al Comune.25 Le congregazioni religiose, appartenenti alla detta chiesa, sono le seguenti. La compagnia di S. Onofrio, che fu fondata al 1598 nella prima cappella laterale a sinistra di chi entra. Nel detto anno il convento di S. Francesco concesse la sudetta cappella a un certo Marcantonio Colonna e alla consorte di lui, che con memoriale del 26 aprile dello stesso anno ottennero dall'Arcivescovo di Palermo il permesso di fondare una compagnia di S. Onofrio cogli stessi capitoli di quella esistente in Palermo e di poter questuare pel mantenimento di essa. Durò fino al principio del secolo decimonono, poiché nel 1824 contava 32 soci, ed esiste ancora il quadro di S. Onofrio con la sepoltura comune dei confrati, sulla cui lapide si legge la seguente iscrizione: « In divi Onufrii sodali tate sodales conviximus nunc vero donec optata veniant sodalitio marmore copulamur 1621 ». La compagnia della Concezione, la quale fu fondata nel 1643. Nel detto anno i Padri del convento di S. Francesco, volendo accrescere la devozione a Maria Immacolata, fondarono nella loro chiesa una compagnia colla divisa della Concezione. Ma dopo alquanti anni i confrati della detta compagnia non andarono più d'accordo con essi, e quindi, per essere più liberi nelle loro pratiche religiose, eressero un oratorio in vicinanza della chiesa. Il fondatore fu il Sac. D. Francesco Li Vaccari, beneficiale della chiesa di S. Maria di Loreto, sita in questo territorio, e nella sagrestia di S. Francesco esiste un suo ritratto colla seguente iscrizione: «Vera effigies Rev. Sac. D. Franciesci Vaccari Beneficialis Sanctae Mariae Loreto Purissimae Matris singulari devotione addicti, ipsius oratorii fundatoris, et eximii benefactoris: quod enim vivens semper prae oculis habuit, hoc moriens omnibus suis facultatibus perpetuo ditavit. Obiit die 11 lanuarii 1724 aetatis suae 83 ». Ma nel 1904 la compagnia concesse il detto oratorio alla società filodrammatica Alfieri per l'annuo canone di L. 25,50, come appare per atto del 27 novembre 1905 presso notare Antonino Scimeca, e ritornò nella chiesa di S. Francesco per l'esercizio delle sue pratiche religiose. La congregazione del SS. Viatico, che fu fondata nel 1703 allo scopo di onorare il SS. Sagramento nei viatici e spingere altri a fare la stessa cosa. 24. « Almae Siciliensis provinciae ordinis minorum conventualium S. Francisci manifestationes novissimae sex explorationibus complexae. A patre magistro Philippo Cagliola a Melila eiusdem ordinis ac provinciae Alumno », Venetiis 1644, p. 104. 25. Rimpetto la porta del convento esiste una cappelletta dedicata al SS. Ecce Homo, la quale fu fabbricata nel 1794 a spese del Rev. Padre Frate Salvatore Bufalo da Ciminna, dei Minori Conventuali, e poi ingrandita nel 1798. Nel 1795 fu fatto l'altare di marmo e nel 1802 fu eseguita la mezza statua dell'Ecce Homo, opera dello scultore D. Giacomo Quattrocchi da Palermo, pel prezzo di onze 12. Ill prospetto della chiesa del Purgatorio sporge nella
Piazza Umberto I, di cui forma l'ornamento principale.
Anticamente la chiesa aveva il nome di S. Pietro, perché in origine fu dedicata a questo santo; ma dopo la fondazione in essa dell'Unione del Miseremini prese il nome attuale. Non si sa l'epoca della sua fondazione, ma è certo che esisteva nel secolo XV (1468). In essa erano solite farsi a suono di campana le riunioni dei giurati e di tutti i cittadini per deliberare cose importanti. Fu resa sacramentale il 18 aprile XIII ind. 1795 con lettera del ciantro della cattedrale di Palermo Dr. D. Bernardino Serio. Pochi anni or sono era cadente e minacciava rovina, onde rimase chiusa al culto per diversi anni (19031906); ma nel 1905 e 1906 fu riportata. La spesa complessiva fu L. 13700, compreso il prospetto e la porta d'entrata.25 A questa chiesa sono aggregate la venerabile Unione del Miseremini, la confraternità dei SS. Crispino e Crispiniano e quella di Maria SS. Addolorata. L'Unione fu fondata nel 1602 collo scopo di suffragare i morti e di convertire le anime, e a 12 settembre XV ind. 1631 ottenne il privilegio di essere aggregata all'Unione delle anime purganti di S. Matteo in Palermo. Essa ha molte rendite annuali, che ascendono in tutto a L. 2903,18 e nel 1909 furono trasformate a beneficio dell'ospedale. La confraternita dei SS. Crispino e Crispiniano fu fondata nel 1620 con atto del 15 gennaio presso il not. La Vignerà da Ciminna, ed approvata dal viceré Conte di Castro il giorno 29 dello stesso mese. I confrati devono essere tutti calzolai e si riuniscono una volta l'anno il 25 ottobre nella festa dei detti santi. La confraternita di Maria SS. Addolorata, sotto il titolo della Solitudine, fu fondata nel 1774. In origine aveva per fine principale quello di seppellire i cadaveri dei poveri, che non possono sperare esequie all'anima ed avere il corpo cristianamente sepolto. Ebbe il titolo sudetto, perché Maria SS. trovò di grande conforto l'opera di Giuseppe d'Arimatea e di Nicodemo, che deposero dalla croce il Cristo e lo seppellirono con molto onore. 26. Quasi rimpetto la porta della chiesa esiste una cappelletto dedicata a Maria SS. Addolorata, che rimonta ad epoca immemorabile e fu rifatta nel 1879 con grazioso prospetto. La statua dell'Addolorata, che si conserva nella detta cappella, fu eseguita nel 1877 dal compianto Sig. Cassata Francesco da Ciminna. E' stata chiusa
al culto. Non è accessibile.
La chiesa di S. Giuseppe fu fondata dagli antichi
abitanti di questa Terra. Intorno all'epoca della sua fondazione non si
sa altro, che esisteva nella fine del secolo XV, come si ricava da alcuni
documenti esistenti presso la detta chiesa. Alla stessa epoca rimonta
la confraternita, che esiste ancora sotto il titolo del Patriarca S. Giuseppe
e fu fondata per l'esercizio delle sue pratiche religiose. Costruito poi
il collegio di Maria nel 1733, la chiesa divenne sacramentale e nel 1770
fu per opera e denaro di alcune persone, e specialmente del Sac. D. Francesco
Manzella, ristorata e ridotta detta cappella, nella forma attuale.27
Pochi anni dopo, e precisamente nel 1779, la chiesa fu decorata e abbellita
di stucco, e finalmente negli anni 1903 e 1904 fu adornata di pitture
eseguite da D. Filippo Lo Cascio da Lercara.
Il 22 marzo 1901 si sviluppò accidentalmente un incendio, che distrusse il quadro di S. Anna, il quale occupava quasi tutta l'abside, e la statua di S. Giuseppe con la madonna ed il bambino. Subito dopo si raccolse una buona somma nel paese e nella lontana America, e si diede incarico allo scultore Bagnasco da Palermo di fare un'altra statua del santo. Ora debbo parlare del collegio di Maria, che si trova annesso a questa chiesa e fu fondato nel 1732. In quell'anno il Rev. Padre D. Nicolo Anfossi, insieme coi preti D. Domenico Giglio e D. Giovanni Battista Carnovale, venne in Ciminna per le sante missioni e promosse la fondazione del collegio, come unico mezzo per la buona educazione delle ragazze. Incoraggiati dal detto Anfossi e dall'arciprete D. Onofrio Affrunti si unirono i baroni D. Filippo Ciminna e D. Alonso Spatafora, i dottori D. Vincenzo Gentile e D. Francesco Maria Canzoneri, il Rev. abbate D. Francesco Morici, D. Rosario Scimeca vicario foraneo, e i Sac. D. Rosario Lo Cascio e D. Domenico Chirafiso, e, con atto di fondazione del 25 settembre XI ind. 1732 presso notar Domenico D'Alessandro, assegnarono alcune rendite per la fabbrica del collegio e pel mantenimento dell'educande. Lo scopo è detto diffusamente nel citato atto di fondazione, e consiste nell'orazione e nell'insegnamento della religione e de' lavori donneschi a tutte le bambine e le ragazze del paese, e ciò a gloria di Dio e senza speranza d'alcuna mercede. Nell'anno seguente 1733 i sudetti fondatori, colle rendite e con elemosine pubbliche, cominciarono la fabbrica del collegio, a cui la confraternita di S. Giuseppe concesse gratuitamente l'uso della chiesa con facoltà di aprire grate per la confessione, comunione ed altro, e alcuni casalini appartenenti ad essa. Nello stesso tempo pensarono a provvedersi di due maestre per insegnare le ragazze a guisa degli altri collegi, ed dessero Suor Maria Crocifissa Lo Piccolo della Terra di Marineo, monaca oblata dei Servi di Maria SS. Addolorata Porrello da Monreale, educanda in quel collegio, che fu il primo ad essere fondato in Sicilia. Portato in forma acconcia il nuovo collegio, il primo settembre 1733 si fecero venire la Lo Piccolo e la Porrello, alle quali si unì un'altra educanda di quel collegio Suor Giovanna Chiara da Palermo, accompagnate dal Rev. Dr. D. Filippo Seggio canonico di Monreale. Dopo alcuni giorni di riposo le sudette religiose aprirono le scuole, istruendo le fanciulle nei lavori manuali e nei misteri della religione e con tale profitto, che ogni mese si facevano dispute pubbliche in materia di dottrina cristiana nella Matrice o nella chiesa di S. Giuseppe. Il collegio adottò la regola del Card. Corradino, che fu approvata da Clemente XI l'anno 1717 e forma lo statuto di tutti i collegi di Maria in Sicilia. Nel 1752 con lettera del 7 ottobre, emanata dall'Are, di Palermo Fr. D. Giuseppe Melendez, si ottenne che il voto di perpetua permanenza potesse in avvenire essere abrogato dal solo pontefice. Nel 1779 e 1780 fu formato il libro delle rendite, dal quale sono ricavate le notizie sopradette. Il collegio cominciò ad ingrandirsi sin dal suo nascere e crebbe coli'assegnamento di altri poderi, rendite e legati di diversi benefattori, e sino al 1785 perdurò nel suo splendore; ma da tale anno, in cui si pensò ad ingrandirlo colla fabbrica di un nuovo corridoio e di nuove celle per le convittrici, si gravò di molti debiti e s'impoverì fino all'indigenza.28 Ora il collegio è al quanto migliorato nelle sue condizioni economiche, poiché il Can. D. Francesco Savona vicario foraneo, con testamento pubblico del 5 agosto 1878 presso il not. Alvano Tinnaro da Palermo legò alle povere moniali del collegio un canone annuale netto di salme sei, tumoli sette e mondelli due di frumento. Oltracciò è aumentato il numero delle convittrici e per l'attività dell'attuale supcriora Suor Maria Angela Cavadi, il collegio sembra avviato a migliore avvenire. 27.
Nel 1851 fu riparato il prospetto, che era cadente.
28. Archivio di Stato di Palermo, Commissione suprema della pubblica istruzione, anno 1819, voi. 29. Della chiesa di S. Maria dell'Itria manca il titolo
di fondazione, ma dal libro delle rendite, fatto nel 1746 dal P. Lettore
Vincenzo Maria Alberti domenicano, si rileva che essa esisteva sin dai
primordi del secolo XVI. Infatti a pag. 29 del detto libro si legge che
nel 1509 un Bernardo India, venendo a morte, legò alla venerabile
chiesa di S. Maria dell'Itria tari diciotto annuali, a lui dovuti da Andrea
Rizzo sopra una casa sita in vicinanza del castello, giusta atto dell'8
ottobre Vili ind. 1509 presso notare Antonino Bonafede da Ciminna.
Nel 1780 fu fondata nella detta chiesa la venerabile compagnia di S. Maria dell'Itria. I confrati nelle funzioni sacre vestivano un sacco bianco, calzette pure bianche e scarpe con fibbia, mantello e cingolo di coler celeste e nel centro del petto l'emblema di Maria SS. Il superiore e i congiunti della compagnia portavano anche nelle spalle un cappello di color celeste con un fiocco dello stesso colore. La compagnia dura ancora con un numero esiguo di confrati, che non adottano più alcuna divisa. La chiesa di S. Maria di Porta S. Gerardo è
una delle più antiche, ma non se ne può precisare l'epoca
per mancanza di documenti. E certo ch'essa esisteva nel secolo XV, perché
con atto del 7 marzo Vili ind. 1475 presso nòtaro Antonino di Michele
da Termini i confrati della detta chiesa concessero l'uso di essa al Rev.
P. Giovanni de Prioris guardiano dei Minori Conventuali. Questi potevano
servirsene di giorno e di notte pel divino officio, sonare le campane,
celebrare messe, seppellire i morti e aprire una porta di comunicazione
col convento, del quale esiste ancora qualche traccia nella casa appartenente
a certo Monastero Salvatore.
Sull'origine del detto convento il P. Maestro Filippo Cagliola29 ritiene probabile che esso sia stato fondato verso la metà del secolo XV; ma la data più attendibile è quella del sopradetto atto di concessione, essendo inverosimile che il convento abbia potuto esistere senza l'uso della chiesa. Il Tossiniano, citato dal Cagliola, scrisse che il convento fu edificato da Frate Pietro Turco e Francesco Castellano, e questa opinione sembra confermata dal fatto, che nella chiesa di S. Francesco, sotto la balaustrata dell'altare maggiore, si osserva ancora una lapide colla seguente iscrizione: « Hoc fecit fieri Fratri P. Turcu Guardianu MCCCCLXXXX »30 Ma ciò sembra inverosimile, perché prima di questo frate fu guardiano del convento quel Giovanni de Prioris, che nel 1475 ottenne dai confrati l'uso della chiesa. Il convento fu abbandonato quando i Minori Conventuali andarono a stabilirsi in quello nuovo. 29. Op. cit., in nota, p. 170. 30. Questa lapide, anteriore alla fondazione della chiesa di S. Francesco, dovette esservi trasportata da S. Maria del piano.. Detta chiesa
non esiste più
La chiesa di S. Giovanni Battista da per la sua importanza
il nome al quartiere omonimo, e la suo storia è legata a quella
del SS. Crocifisso, che si venera in essa.31
Anticamente era un piccolo oratorio, dedicato a S. Giovanni Battista e
destinato alle pie adunanze d'una confraternita che portava il titolo
del luogo e dura tuttora col nome del SS. Crocifisso. In quell'oratorio
si conservava un'effigie in legno del SS. Crocifisso, che si portava nelle
vie per accompagnare i morti. Or nella citata storia del detto Gigante
si legge, che nel 1623 un certo Battolo Caiazza, uomo di cattiva fama,
fu di notte tempo barbaramente ucciso con un colpo di fucile. La mattina
seguente si raccolsero intorno al suo domicilio, ch'era nelle adiacenze
del luogo ove sorge la cappelletta di S. Croce al Canale, le confraternite,
i religiosi e il clero con le proprie insegne, fra le quali vi era quella
del SS. Crocifisso. Ma avviata la processione, il giovane che portava
la detta immagine non potè sollevarla dal suolo, né staccarla
dal muro, finché il cadavere non fu giunto nella chiesa ove fu
seppellito. Allora potè prenderla agevolmente e riportarla nel
proprio oratorio di S. Giovanni Battista, con gran meraviglia di quanti
seppero tal fatto.
Da quel giorno in poi la sacra immagine non fu portata più per le vie e, messa sopra un altare dell'oratorio, si cominciò a tenerle accesa una lampada e a dirle qualche messa con l'elemosine dei vicini. Nell'anno 1651 si pensò di venerare la sacra immagine in modo particolare. Perciò raccolte alcune elemosine, il giorno 5 maggio si cominciò, colla licenza del vicario foraneo, a chiamare il popolo colle campane, e nel detto giorno furono da Dio operati molti prodigi, che si trovano descritti nella citata storia del Gigante. Perciò fu deliberato di comune accordo celebrare in onore di essa una festa solenne e portarla in processione per le vie. Quindi chiesta ed ottenuta la licenza dell'Arcivescovo di Palermo D. Martino di Leone Cardenas e del vicario foraneo D. Santo Gigante, fu stabilito celebrarsi la festa nella prossima domenica, a dì 14 dello stesso mese. Non si può descrivere con quale pompa e solennità essa fu celebrata. Magnifico l'apparato in chiesa, immenso il concorso dei forestieri venuti dai vicini paesi per la fama prodigiosa della sacra immagine, riuscita ogni cosa in modo stupendo; ma quella che restò per sempre memorabile, per le meraviglie avvenute, fu la processione, che è descritta diffusamente nel citato manoscritto del Gigante. Da quell'anno in poi non si cessò mai dal celebrare la detta festa in modo sempre più solenne, stabilendosi per sempre il primo giorno del mese di maggio, che da alcuni anni in qua fu trasferito alla prima domenica dello stesso mese. Accresciuto il culto della sacra immagine, si sentì il bisogno di costruirle una chiesa più grande, che si cominciò a fabbricare nello stesso sito, ove sorgeva quella antica, e nei locali adiacenti posseduti dalla confraternita. I mezzi necessari furono apprestati da ogni ceto popolare, con obbligazioni volontarie e fatiche personali, e fra tutti si distinse il barone D. Filippo Ciminna.32 Non si sa l'anno preciso in cui venne cominciata la fabbrica, ma fu nella seconda metà del secolo XVII, e cominciò con tanto entusiasmo che non permise indugi e produsse alcuni errori tecnici, che si osservano tuttora. Anche le basi risentirono la fretta del lavoro, perché non sono molto profonde e quindi le fabbriche sono poco solide. Ma coll'andar del tempo il fervore del popolo si rallentò al quanto, e si riaccese dopo per un fatto, raccontato nella relazione manoscritta, che si attribuisce al cappellano D. Filippo Cascio. Nel tempo in cui si costruiva la nuova chiesa la sacra immagine fu collocata in una cappella ben decorata della Matrice. Ora il reverendo Sac. D. Benedetto Liccio e Fedele, trovandosi nel 1709 cappellano notturno e passando una sera, alle ore 3 di notte, nella chiesa per pregare al solito la sacra immagine, nel prostrarsele innanzi videla cogli occhi aperta, e, quel eh'è più meraviglioso, sentì dirle che andasse a riferire ai rettori della fabbrica che voleva terminata la sua chiesa. A quella vista e a quelle parole restò tanto sbigottito il Liccio che, riferita l'ambasciata e ammalatesi per lo spavento, dopo pochi giorni se ne morì a 29 ottobre dello stesso anno. Allora si ripresero subito i lavori e si terminò l'opera. A perpetua memoria fu collocata nel prospetto la seguente iscrizione: Praecursor ad Christum:
Tu ad me venis? Matth. e. 3 v. 14 Hospite te puero salvavi: hac Aere peremptum Excipio: heu stupidus reddor Agone silex. A. A. R. S. 1709. Questa chiesa è, dopo la Matrice, il più bel tempio che si ammira in Ciminna, e conserva ancora il nome di S. Giovanni Battista. Essa è esposta ad occidente ed ha un magnifico prospetto con tre porte d'entrata. Internamente forma tre navate divise da due ordini di cinque colonne per ogni lato, e nella tribuna maggiore è collocata la sacra immagine del SS. Crocifisso. Ma la pietà del popolo verso la detta immagine non si arrestò alla costruzione della chiesa, ma continuò ad abbellirla ed arricchirla di preziosi arredi sacri. Nel 1792 fu adornata di stucco dal maestro Leoluca Guarneri da Corleone; nel 1811 fu eseguito da D. Francesco Quattrocchi da Palermo l'altare della tribuna maggiore, e finalmente nel 1846 fu ammattonato il pavimento e vi si fece nel centro il bellissimo dipinto, di cui parlai a pag. 121. Fra gli arredi sacri sono notevoli: una sedia per messa cantata, una casupola ricamata d'oro e seta sopra raso bianco; una cappella intera di seta color latte ricamata in oro; una sfera grande d'argento indorato; due lampadari d'argento donati dai legnaiuoli di Ciminna, uno nel 1656 e l'altro nel 1663; un boccale e una palangana d'argento lasciati dal Dr. D. Calagero Cascio; una pace d'argento per gli antichi giurati, e i seguenti oggetti pure d'argento per la sacra immagine, cioè una croce d'argento con l'anima di legno lunga m. 2,18 e fatta nel 1782, un diadema, una corona di spine, una brachetta e una gioia d'oro con pietre rosse. 31. Sulla storia di questa sacra immagine esistono due documenti manoscritti, che si conservano nell'archivio di S. Giovanni. Il primo è un'Historta della miraculosa imagine del SS. Crocifisso di Ciminna, scritta nel 1651 dal Dr. in S. T. D. Santo Gigante, vicario foraneo; il secondo è una Relazione detta venerabile Imagine del SS.mo Crocifisso che si conserva nella Chiesa di S. Giovanni Battista di Ciminna, scritta nel secolo seguente e attribuita per tradizione al Dr. in S. T. D. Filippo Cascio, cappellano della detta chiesa. 32.Egli fu il più illustre benefattore della detta chiesa, alla quale legò una messa festiva. Fu sepolto nella chiesa di S. Domenico, e sulla sua tomba si legge il seguente elogio: « D. Philippus Ciminna Baro Mathiae propter eius liberalitatem in pauperes, ab his pater pauperum erat vocatus in amplexum Crucifixi lesus requievit die 23 februarii suae aetatis anno 76 Christi vero MDCCXXXVI». Un'altra chiesa importante in questo quartiere è
quella di S. Domenico, della quale passo a narrare brevemente le vicende.
Nel 1510 due benefattori, chiamati Giacomo e Nicolo di Bilie, donarono
all'ordine dei Domenicani un luogo, sul quale essi fondarono il convento
col nome del SS. Salvatore. Esso nel 1520 fu accettato dal Rev. Generale
Maestro Fr. Garsia di Loaisa, e il primo priore fu il Rev. P. Fr. Tommaso
della Caraca. Di ciò si ha notizia in una lapide antichissima,
che fino all'epoca della soppressione era sopra la porta del convento
e in cui erano scolpite le seguenti parole: « Hunc locum dedit
Praedicatorum ordini devota domus de Bilie MDX, qui sp. Conventus fuit
hic acceptatus per Rev. Generalem Magistrum Garsiam a Loaysa Hyspanum
MDXX. Et primus Prior fuit Ven. fr. Thomas de la Caraca ».33
La chiesa, annessa al convento, fu sin dalla sua origine dedicata al SS. Salvatore, e ciò si rileva dall'iscrizione esistente nell'arco del cappellone: Dea Salvatori nostro. Essa con breve pontificio del 2 aprile 1536 fu data all'ordine con facoltà di farvi tutti gli esercizi spirituali, fabbricarvi e farne uso come cosa propria. Sulla fondazione della detta chiesa si può dire solamente che esisteva prima del convento, come si rileva dal MS. del Muscia, conservato nella Biblioteca Comunale di Palermo e segnato colle lettere Qq E 13, col titolo: «Notitiae variae ex reg. Curiae Arch. Pan. », nel quale a pag. 47 si legge: «A 13 febbraio 1510 fu data licenza ad istanza dell'Università di Ciminna ai frati di S. Domenico di costruire in vicinanza della chiesa del SS. Salvatore un convento salvis tamen iuribus, quae de iure competi possunt ordinario». Ciò è confermato anche dall'iscrizione di una campana, la quale fu fusa per la detta chiesa e porta la data del 1494 «XPS. vincit. XPS. regnat. XPS. imperai MCCCCLXXXXIIII ». Da quell'epoca in poi i Domenicani tennero la chiesa come cosa propria, facendo delle fabbriche, degli adorni e anche delle concessioni di suolo. Nel 1587, a 16 dicembre, il convento ebbe tolto il titolo di priorato dal visitatore apostolico Antonio Mattoncini, col consenso di quaranta Padri Domenicani radunati nel convento di Palermo.34 Ma in seguito gli fu restituito il detto titolo; infatti con memoriale del 18 gennaio 1793 il Capitano, i giurati e il Sindaco di Ciminna supplicarono il viceré di sollecitare la conferma del Priore del Convento di S. Domenico in persona del P. Fr. Santo Grech. Nel 1786 il convento, forse per la pochezza delle sue rendite, fu minacciato di soppressione; ma i giurati di Ciminna con supplica diretta al viceré ne scongiurarono il pericolo.35 Il più insigne benefattore del convento S. Domenico fu D. Guglielmo Ventimiglia, marchese di Ceraci e allora barone di Ciminna, il quale concesse ad esso due salme e mezzo di terre incolte, franche da ogni peso, per piantarvi una vigna per uso dei frati, come infatti fu eseguito. Questo convento fu detto insigne nel Lexicon topographicum di Vito Amico, ed era rinomato per l'istituzione delle scuole pubbliche fondate dal barone D. Alonso Spatafora e per la dimora fattavi da uomini illustri per dottrina e santità di vita. Fra questi accenno al P. Maestro Ottaviano Bulgarino da Ciminna, del quale parlai a pag. 145146, al P. Maestro Gius. Gigante, che fu provinciale di Sicilia, visitator generale nella Puglia, e qualificatore del Santo Officio, al P. Maestro Enrico La Monica, priore del convento di S. Zita in Palermo, al Rev. P. Fr. Bernardino Faso, oratore e poeta che pubblicò varie opere, cioè la Notte sacra del S. Natale, la Morte di Cristo, le Cinque Vergini Palermitane, l'Esequie di S. Rosalia ed altre, al Baccelliere P. Fr. Vincenzo Maria Alberti,36 che insegnò filosofia e teologia agli studenti religiosi del convento, al Baccelliere P. Fr. Vincenzo Brancato da Ciminna; del quale si parlò a pag. 148 e 149 e finalmente a Fr. Lucca da Ciminna e al P. Santo Grec da Malta, che vissero e morirono in fama di santità e dei quali si parlerà in altro luogo di questa storia. Il convento fu soppresso con la legge 7 luglio 1866, e poi venduto a un privato. In questa chiesa, e precisamente dinanzi la cappella di San Vincenzo Ferreri si legge la seguente iscrizione, riportata da Francesco Maria Emanuele marchese di Villabianca a pag. 243 del suo manoscritto intitolato: Iscrizioni sepolcrali della Sicilia, esistente nella biblioteca comunale di Palermo e segnato Q' D 123: « Art. Med. Professor D. Vincentius Deodato, postquam semel Capitanei, bis lurati munera exercuisset, ea qua ligabatur coniugi lege solutus, mundo valedicens, altari se mancipavit Sacerdotio initiatus, et Ben. lis titulo insignitus. Fundatis una cun Rev. Sac. D. Sebastiano Deodato pariter Art. Med. Professor tribus beneficiis, buie a se constructo S. Vincentii sacello addictis per acta Not. D. Bernardi Cirincione, morte praeventus 35. aetatis suae anno, non sine cariss. fratris, civium omnium, quibus erat benemeritus, moerore, diem claudens extremum 21 Decembris 1792 hic tumulatur». Nella detta chiesa esiste la compagnia del SS. Nome di Gesù, che fu fondata nel 1570 e nell'anno seguente eresse la cappella omonima, che appartiene ad essa. Ogni anno il primo gennaio vi si celebra la festa della Circoncisione colla processione d'una statuetta del Bambino, che fu donata alla detta compagnia nel 1667 con testamento di Maestro Antonino Scorsone, fatto il 25 novembre XIII ind. presso il notar Giovanni de Aijra da Ciminna. 33. Assento delle rendite del ven. Convento di S. Domenico della Terra di Ciminna, formato dal Rev. P. F. Vincenzo M. Alberti nel 1744 e conservato nell'ufficio del Registro di Ciminna. 34. Giovanni Michele Piò Della nobile progenie di S. Domenico. 35. Archivio di Stato di Palermo, R. Segreteria, Rappresentanze del Regno, Busta n. 2294. 36. Acta capituli provinciali* provinciae Siciliae ordinis Praedicatorum Marsaliae. Die 1 decembris 1759, Panormi 1761, p. 36. Nel 1554 fu fondata nella chiesa di S. Domenico la
confraternita del SS. Rosario, che coi Padri del convento fece un capitolato
da eseguirsi da entrambe le parti. Ma dopo un certo tempo i confrati
del Rosario non andarono più d'accordo coi detti Padri e per
aver maggiore libertà eressero l'Oratorio, che fu finito di costruire
e benedetto nell'anno 1676. Nelle funzioni sacre i confrati del Rosario
vestono un sacco bianco, che li copre dal collo fino ai piedi, un cappuccio
e un cingolo neri, calzette e scarpe dello stesso colore e portano una
placca sul petto con l'emblema di Maria SS. del Rosario.
La chiesa di S. Giacomo è vicina a quella
di S. Giovanni, e sulla sua fondazione si può dire solamente
che esisteva sin dal secolo XVI (1540). Fu ristorata nel 1894.
La chiesa dell'Ospedale fu fondata per servizio degl'infermi
nel 1766, quando esso fu impiantato nel luogo attuale. Vi si celebra
ogni anno la festa della Pentecoste, che in altri tempi si faceva in
modo più solenne.
E' stata chiusa al culto. Non è accessibile. La chiesa della Raccomandata da il nome al quartiere
per la sua antichità, e la storia di essa è compendiata
in un'iscrizione scolpita sopra la porta. Nel 1230 era una piccola chiesetta
lontana dall'abitato e dedicata alla Madonna della Grazia. In essa si
portava ogni anno l'olio santo, e di là, fino ai tempi in cui
fu posta la detta iscrizione, si trasportava in procesione solenne alla
Matrice. Nel 1400 la detta chiesetta fu trasformata in forma di tempio
col nome dell'Assunta, 37
onde da tempo immemorabile se ne celebra ogni anno la festa a 15 agosto,
e un secolo dopo vi si fabbricò a lato un Ritiro di donne, distrutto
forse coll'andar del tempo e poi nuovamente fondato verso il 1660 da
Suor Margherita Corradino nella sua casa d'abitazione col titolo della
Carità, perché vi erano raccolte per servizio di Dio alcune
fanciulle povere terziarie dell'ordine di S. Benedetto. Esso in principio
non aveva alcuna comunicazione colla chiesa, ma dopo poco tempo l'ottenne
per servizio religioso delle ricoverate. Sull'esistenza di questo secondo
ritiro vi sono documenti pubblici; e infatti, in un atto del 17 maggio
XV ind. 1662 presso il notar Francesco Polizzi, si legge che Suor Peregrina
Canzoneri, vedova in prime nozze del notare Antonino Corradino, padre
della detta Margherita, ed in seconde nozze del Dott. Vincenzo Pagano,
donò al detto Ritiro un'annua rendita di onze 6 e una casa a
pianterreno, sita nel quartiere di S. Giacomo; ma poi revocò
la detta donazione col suo testamento, fatto il 9 luglio IV ind. 1666
presso il notaro Antonino Polizzi. In un altro atto dell'8 marzo I ind.
1663 presso il notar Giovanni de Aijra, si leggono in principio le seguenti
parole: « Apud Devotum Retiratorium Charitatis Monialium Ordinis
Sancii Benedicti huius Terre Ciminnae fundatum in Domo Sor. Margaritae
Corradino superiorae d. Retiratorii». Nel detto Ritiro visse e
morì santamente Suor Elisabetta Trippedi, della quale si parlerà
in altro luogo di questo libro. Colla morte della fondatrice, avvennula
in età di anni 81 il 5 agosto 1712, cessò d'esistere l'istituto,
che per lo scopo di beneficenza, da cui era retto, meritava certo migliore
sorte. La pia Corradino fu sepolta dentro la chiesa di S. Francesco,
in una cappella di suo patronato, e sulla sua tomba si legge la seguente
iscrizione: « De Corradinis hic nata simul parentes Margarita
iacet donec ad astra volent 1689 ».
Ma coll'andar del lempo la chiesa si ridusse molto cadente; e il dottore in medicina D. Luca Monasterio la ristorò in forma più adorna, colla spesa di duemila scudi. Oltracciò egli la fornì di quadri, palii ricamati, organo, candelieri ed altri giogali, e infine la dotò di rendite. Voleva anche fondarvi un istituto di preti per assistere a ben morire e fab bricarvi a lato il locale,38 non potè farlo, forse perché morì dopo poco tempo il 3 ottobre 1671. Fu sepolto nella detta chiesa insieme colla sua coniuge Caterina Turrito, e sulla sua tomba si legge la seguente iscrizione: « A. et M. D. Lucas Monasterius sibi suaeque coniugi Caterinae pie providus, hic ad aram, ut animae subleventur corpora sacris calcari pedibus meruit 1658 ». Ecco ora l'iscrizione, che si legge nel prospetto della chiesa e dalla quale principalmente si sono ricavate le seguenti notizie: Ad maiorem Deiparae gloriam Quod olim sub ipsa Ciminnae primordia anno 1230 tuncc eminus extra muros Exiguum erat Sacellum Divae Mariae Gratiae dedicatum; Unde Sacra Olea solemniter in Matricem ad haec usque tempora deferuntur, Quodque sub annum 1400 in Templum nomine Assumptae conversum, Inde vero 1500 titulo Raccomandatae a consororibus pie rectum, Et anno demum 1620 benefici titulo decoratum, Ut in uno septem eiusdem Virginis festa gyro perpetuo recolantur; Et ad pia Agonizantium opera pateat generale refugium Dr. D. Lucas Monasterio, vel in hoc edam medicus, triplicicurae intentus, Vetustate purgatum concinnius redivivum, Immortalitati restituii .
37.
La campana grande della detta chiesa porta la data del 1450, e quella
piccola del 1505. Quest'ultima fu nuovamente fusa nel 1779.
38. Ciò si rileva anche da un memoriale,fatto dal detto Monasterio all'Arcivescovo di Palermo, in data 8 febbraio IX ind. 1670. Di detta chiesa non rimane traccia, è stata demolita e nel sito è stata costruita abitazione ad uso privato. Nel libro delle rendite, appartenente alla chiesa
del Carmine e fatto nel 1784 dal Sac. Dr. D. Antonino Alonge, si legge
che gli antichi abitanti di questa Terra fabbricarono una chiesa dedicata
alla SS. Trinità. Col decorso dei tempi vi fondarono una confraternita
dello stesso nome, e per devozione alla Madonna del Carmelo negli
anni 1602 e 1603 costruirono un conventino, formato da un piccolo
dormitorio con cinque celle, dal refettorio, dalla cucina, dalla dispensa
e da un giardinetto.
In esso dovevano dimorare almeno due religiosi dell'ordine Carmelitano, dei quali uno doveva essere prete. E per evitare discordie e risse fra' religiosi e i confrati, con atto del 25 dicembre 1601 presso il notar Francesco Urso, si fece un capitolato, in forza del quale la chiesa fu consegnata ai detti religiosi, eccetto una sola cappella rimasta per uso dei detti confrati. Il conventino durò soli 57 anni, poiché nel 1660 fu soppresso dall'l.mo e Rev. D. Pietro Martinez, Arcivescovo di Palermo e delegato della sede apostolica, poiché i religiosi non possedevano il mantenimento prescritto dalle costituzioni e bolle pontificie. Nel 1728 la signora D. Giovanna Grifeo e Filingeri, duchessa di Ciminna, donò alcune rendite alla detta chiesa e nei locali dell'abolito conventino fondò un reclusorio di donne oneste, collo scopo di attendere al divino servizio. Ma esso durò assai poco, poiché dopo la morte della pia fondatrice mancarono i mezzi necessari al suo mantenimento. Con le rendite donate dalla principessa Grifeo e con elemosine fatte da alcuni devoti, e specialmente da D. Giovanni Martino Bongiorno e dal Sac. D. Francesco Passantino, nel secolo XVIII la chiesa fu ristorata e ridotta alla forma attuale. Allora fu resa sacramentale con privilegio del 26 aprile V ind. 1787, emanato dall'Arcivescovo di Palermo. Le rendite furono accresciute in seguito per devozione dei fedeli alla Madonna del Carmine, ed incamerate dal demanio con verbale del 28 settembre 1868. In questa chiesa esiste la confraternita della Mastranza, che ha lo scopo di fornire a spese proprie la cera al clero e ai confrati nella processione del SS. Crocifisso. La chiesa di S. Francesco di Paola fu in origine
dedicata a S. Leonardo, di cui esiste ancora una statua in legno e
se ne celebra ogni anno la festa a 6 novembre. In essa vi era una
confraternita religiosa, che amministrava le rendite. S'ignora l'epoca
precisa in cui fu costruita, perché manca il titolo di fondazione.
La storia certa di questa chiesa cominciò nei primordi del
secolo XVII.
Nel 1608 alcuni Padri dell'ordine dei Minimi di S. Francesco di Paola vennero a stabilirsi in questa Terra e cominciarono a fabbricare il convento con la relativa chiesa nel piano delPApurchiarola. Essi avevano scavato le fosse delle fabbriche, quando venne loro offerta la chiesa di S. Leonardo insieme con onze cinque di rendite annuali, che la confraternita assegnò con atto del 13 dicembre VII ind. 1608 presso il notar Nicolo Facella da Ciminna, e l'Arcivescovo di Palermo confermò con memoriale del 10 gennaio VII ind. 1609. I Reverendi Padri accettarono l'offerta e, lasciati i lavori iniziati, fabbricarono il convento a lato della detta chiesa, che d'allora in poi prese il nome di S. Francesco di Paola e divenne sacramentale. La data della fondazione risulta anche da una antica lapide, esistente fino a poco tempo addietro nell'exconvento, e da quello che si legge a fog. 412 della cronaca generale dell'ordine dei Minimi, stampata a Parigi nel 1635 e citata a pag. 24. Nel 1752 il convento era divenuto un poco cadente, e fu riparato dai frati colla spesa di onze 291.29.5, che in parte furono impiegate nelle fabbriche eseguite in altre case di loro proprietà. Esso fu colpito dal R. Dispaccio del 17 dicembre 1768 sull'abolizione dei piccoli conventi, e pertanto il 20 agosto 1792 ne fu ordinata la soppressione. Nel 1844 il Decurionato, con deliberazione del 15 febbraio, fece istanza al Re pel ripristinamento del detto convento; ma essa rimase priva di effetti. Nel 1890 la chiesa fu abbellita d'alcune pitture relative alla vita di S. Francesco di Paola ed eseguite dal compianto D. Francesco Cassata, e vi si celebra ogni anno la festa del detto santo. La chiesa di S. Sebastiano sorge nella parte superiore
del paese e da il suo nome al quartiere omonimo. La sua fondazione
è incerta, e si può dire solamente che esisteva sin
dal secolo XVI. Anticamente era composta di tre navate, ma nel 1808
i rettori concessero a case le due navate laterali, e quindi essa
divenne più piccola.
La chiesa di S. Andrea si trova in vicinanza di
quella sudetta, ed esisteva sin dal secolo XVI. Nel 1908, per disposizione
del Card. A. Lualdi, fu in parte trasformata in ricovero di poveri.
Un piccolo muro divide il dormitorio di questo dall'altare maggiore,
che fu lasciato per potervi celebrare delle messe. La statua di S.
Andrea fu trasportata alla Matrice, dove trovasi conservata in una
cappella.
La chiesa delle Anime sante è un piccolo
oratorio di recente fondazione. Nel 1832 fu costruita una cappelletta
dedicata alle dette anime, e nel 1905, essendo accresciuta la devozione
del popolo, fu ingrandita coll'acquisto di due camerette, fatto per
iniziativa di Andrea Brancato con atto del 12 febbraio presso il not.
Giuseppe Ingraffia.
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