Fu notevole l'ondata
di consensi che, nel mondo culturale siciliano, sollevò,
appena pubblicata, la monografia del dott. Vito Graziano
su Ciminna. Memorie e documenti. Se ne parlò
su tutti i periodici di maggior grido dell 'epoca.
Sul « Giornale di Sicilia »1
se ne occupò G. M. Calvaruso, mettendo in modo
particolare in rilievo l'originalità dell 'interpretazione
che il Graziano aveva fatto della origine del nome Ciminna,
avendo egli scartato senz 'altro la derivazione latina
o neolatina di gusto popolare da cis-minna, «
di qua dalla mammella », con allusione al Monte
Rotondo, e facendo derivare quel nome, com 'è più
probabile, dalla voce araba samin, al femminile
saminah, che significa « pingue »,
« grasso » e, quindi, con riferimento al territorio
Ciminnese, « ubertoso », per cui il comune
meritò il titolo di « ubertoso ».
Su « L'Ora »2
Francesco Guardione ne mise in rilievo il contributo recato
alla conoscenza della storia del Risorgimento con quanto
il Graziano riferisce sugli avvenimenti capitanati da
Francesco Bentivegna e da Luigi La Porta fino alla fondazione
a Ciminna, il 23 novembre 1893, del Fascio dei Lavoratori,
sciolto, appena due mesi dopo, il 23 gennaio 1894, con
l' arresto di 15 individui in seguito ai moti scoppiati
un po' dovunque, specie nella Sicilia occidentale, sollecitati
dalle organizzazioni socialiste già molto diffuse
nell 'isola.
Su la « Rivista Storica Italiana » 3
Giuseppe La Mantia loda l'accuratezza con cui è
condotto il lavoro e il contributo di chiarificazione
che il Graziano reca sui punti più discussi della
storia di Ciminna, quali, per esempio, il sito e l'epoca
in cui originariamente sorse il paese e le funzioni del
castello.
Giudizi favorevoli espressero altri storici e studiosi,4
fra cui il Pitrè, il grande folklorista, il quale
gli scrisse, fra l'altro, di avere letto « con predilezione
» il suo libro, e di avere trovato anche «
qualche notizia nuova, come nuova è, per la poesia
gli rilevò, fra l'altro la storia
di P. Grech », del domenicano, cioè, che,
per essere nato a Malta, a Ciminna era meglio conosciuto
dal popolo come P. Malta e che fu priore alla fine del
Settecento, del Convento di S. Domenico.5
Un « classico », dunque, può considerarsi
nel suo genere questa storia di Ciminna e come tale si
può annoverare tra i migliori testi di storia locale
fioriti anche in Sicilia tra la seconda metà dell'Ottocento
e i primi due decenni del nuovo secolo.
Tutta la storiografia liberale moderata, che si affermò
dopo l'Unità, si impegnò in modo particolare
ad esaltare il contributo di pensiero e di sacrifici dato
dalle singole regioni per il raggiungimento dell'unificazione
politica italiana. Trascurò pertanto lo studio
delle storie locali che, poco alla volta, dagli storici
professionisti in modo particolare, cominciarono a guardarsi
con diffidenza, perché ritenute unilaterali e municipalistiche.
Facile capire la retorica che non di rado si accompagnò
a tale forma di storiografia che pure ebbe, nei tempi
più vicini a noi, studiosi seri e di notevole valore,
come Michele Rosi, Pietro Silva, Gioacchino Volpe, per
ricordare i più noti.
Ma passata l'ondata romantica del Risorgimento, con il
risvegliarsi dell'interesse per la storia non soltanto
delle singole regioni, ma soprattutto di quella anche
dei singoli comuni, si ebbe, per reazione, tutta una fioritura
di storie locali: dai due volumi Sulla città e
comarca di Castronovo di Luigi Tirrito, editi a Palermo
nel 1773 (editore Priulla), alle Notizie storiche su Casteltermini
e suo territorio di Gaetano Di Giovanni, pubblicate in
due volumi, 1869 e 1873, ad Agrigento, alle Memorie storiche
di Marine o del sac. Giuseppe Calderone pubblicate a Palermo
nel 1892.
A suo tempo, il primo a reagire fu Isidoro La Lumia, certamente
il più grande storico regionale siciliano, il quale,
ebbe, fra l'altro a scrivere: « Per me l'Italia
non è una vuota astrazione: è il materiale
e morale complesso delle varie sue parti, che vanno ugualmente
considerate e studiate: e siccome il passato non si cancella
né si distrugge, credo che la storia di ciascuna
appartenga all'intera nazione ». E Michele
Amari gli diede ragione, criticando anch'egli la storiografia
di ispirazione nazionalistica, condotta, scrisse al La
Lumia, come si trattasse di una serie « di circoli
concentrici », per cui si finiva anche con il negare
la particolare fisionomia che ogni regione, ogni comune
aveva storicamente sviluppata.6
In questa reazione alla storiografia tendenzialmente nazionalistica
si inserisce anche la pubblicazione, nel 1911, del dott.
Vito Graziano: Ciminna. Memorie e documenti.
Un fenomeno simile a quello avvenuto dopo l'Unità
si verificò dopo la marcia su Roma del fascismo.
Anche allora si fece strada e prevalse per tutto il periodo
della dittatura fascista una forma di storiografia di
tipo nazionalistico e unitaristico, per cui poco favore
ebbe la storia locale, che invece rifiorisce dopo la caduta
del fascismo con la restaurazione della democrazia. Si
assiste perciò di nuovo ad una notevole fioritura
di storie locali, per cui oggi, può dirsi, non
v'è alcun comune che non abbia avuto scritta la
propria storia. Spesso è avvenuto che si sono ristampate
antiche storie locali, quando queste, per il loro pregio,
l'hanno meritato. Così si sono ristampati, fra
l'altro, i due volumi sulla città e comarca di
Castronovo del Cirrito, e le notizie storiche di Casteltermini
e suo territorio del Di Giovanni. Così lodevolmente,
il comune di Ciminna ha pensato di ristampare la storia
del paese scritta a suo tempo dal dott. Graziano.
Anche questa ristampa ubbidisce perciò all'esigenza,
oggi molto avvertita, di rimettere in circolazione un'opera
che, per la sua natura, riflette una tendenza storiografica
massimamente attuale.
1.
A. 1911, n. 248.
2. A. 1911, n. 338.
3. A. 1913, voi. V, fase.
I, pp. 378-380.
4.
Cfr. appendice al voi. dott. VITO GRAZIANO, Canti e leggende.
Usi e costumi di Ciminna, Palermo, Gustavo Travi, 1935.
(Alcuni giudizi, fuori testo).
5. Cfr. Lett, del Pitré
del 27 giugno 1900, (ivi).
6. Cfr. F. BRANCATO, La storia
locale, in La Sicilia nel dibattito storiografico, «
Nuovi Quaderni del Meridione », a. 1987, fase. 97.
Ma la storia di Ciminna del dott. Vito Graziano è
qualcosa di più. Quest'opera riflette un genere
di studi che proprio ai tempi in cui questa storia fu
scritta e pubblicata era massimamente in auge: mi riferisco
agli studi demopsicologici e folkloristici che proprio
il Pitré aveva portato avanti in Sicilia, del quale
appunto il Graziano può considerarsi un allievo.
Si sa che Giuseppe Pitré, medico e profondo studioso
di demopsicologia, è colui che ha portato lo studio
del folklore all'altezza di scienza, merito, questo, riconosciutogli
a livello anche europeo.7
Attorno a lui, perciò, ancora vivo ed operante
a Palermo, suo paese natale, si formò tutta una
schiera di ammiratori e di « allievi », attratti
dal nuovo genere di interessi, quello appunto per le tradizioni
popolari da lui studiate con metodo sistematico e scientifico.
Tra questi « allievi » e ammiratori va annoverato
certamente il dott. Vito Graziano che gli fu anche amico
e che, come il Pitré, fu anch'egli medico, per
cui, come il Maestro, ebbe modo, nelle sue quotidiane
visite ai suoi pazienti, di meglio studiare usi e costumi
del popolo in mezzo a cui viveva.
Visitando i suoi ammalati nelle loro abitazioni, vivendo
in mezzo al popolo nel suo paese natìo, a Ciminna,
dove era nato nel 1864, assistendo direttamente alle manifestazioni
popolari nelle varie ricorrenze anche religiose, ascoltando
i canti e i proverbi più diffusi e comuni nell'uso
popolare, anche Vito Graziano, come il Pitré, volle,
nel modo che gli fu consentaneo, meglio conoscere l'animo
del popolo e descriverlo non soltanto per un suo bisogno
spirituale, anche come alternativa alla consueta attività
professionale, per « servire » ed «
onorare », come si usava pure dire, il paese che
gli aveva dato i natali.
Il primo e il più cospicuo risultato delle sue
esperienze e delle sue indagini folkloristiche lo rivelò
nella storia di Ciminna che, data alle stampe nel 1911,
dopo lunghe e pazienti ricerche d'archivio, viene, per
certi aspetti, completata, può dirsi, con la pubblicazione,
nel 1935, del volume Canti e leggende. Usi e costumi di
Ciminna. Come del resto avverte lo stesso Autore, in questo
nuovo lavoro ha inteso allargare ed approfondire il capitolo
VI della seconda parte della storia di Ciminna dedicato
alla demopsicologia del paese. In ciò favorito
dal considerevole sviluppo che anche durante il regime
fascista avevano preso in Italia gli studi folkloristici,
per cui venne creato anche il Comitato Nazionale Arti
Popolari, aventi come organi periferici i Comitati provinciali
e, per di più, un organo di pubblicazione intitolato
« Lares ». Proprio in tale periodo si formò
Giuseppe Cocchiara che può senz'altro considerarsi
il più diretto ed autentico continuatore del Pitré,
di cui fu colui che ne ha ereditato in modo concreto anche
lo spirito, fondando a Palermo il Museo etnografico intitolato
appunto al Maestro e allargando il campo del folklore
con nuove ricerche e con notevoli contributi alla migliore
conoscenza, oltre che di quello siciliano, del folklore
anche in Europa.
Tra gli allievi e prosecutori dell'opera del Pitré
è, dunque, certamente da annoverare anche il dott.
Vito Graziano che, pur nel circoscritto ambiente di un
comune, indagò e scrisse sul folklore locale, manifestando
così proprio gli stessi interessi spirituali e
scientifici di chi del folklore aveva creato una scienza
destinata ad avere risonanze oltre i confini d'Italia.
Quando ci si rende conto delle condizioni economiche e
della struttura sociale non evoluta della Sicilia ancora
alla fine del secolo scorso, si può ben comprendere
anche l'origine dell'affinità di interessi dal
dott. Graziano manifestati con quelli del Pitré,
e capire anche, come il Pitré, che fu sommo nell'indagine
degli usi e costumi del popolo, dovesse esercitare tanta
suggestione in coloro, che, come lui, per ragioni, diciamo
così, professionali, si trovavano a stare a diretto
contatto con il popolo in tutte le categorie sociali e,
in particolare, con i ceti più modesti e umili,
presso i quali le tradizioni si conservano in uno stato
di maggiore genuinità e purezza e, perciò,
più autentiche o, comunque, meno soggette a contaminazioni.
La psicologia sociale o, come veniva pure denominata,
demopsicologia, è una scienza che ha cominciato
ad essere presa in considerazione soltanto verso la fine
del secolo scorso, proprio quando, il dott. Graziano,
quale studente a Palermo, aveva avuto modo, incline com'era
naturalmente verso tale disciplina, se ne fece pure cultore,
attratto evidentemente dall'entusiasmo che verso tali
nuove conoscenze, il Pitré aveva saputo suscitare
nei giovani. Il Graziano, può dirsi, ne seguì
anche l'itinerario.
Come il Maestro, prima si occupò della storia del
suo paese natio, successivamente passò ad occuparsi
dei canti del popolo e quindi, degli usi e dei costumi
non trascurando di studiarne pure i proverbi di cui pubblicò
anche qualche raccoltina. Ebbe, come il Pitré,
molto interesse per il documento considerato giustamente
come la testimonianza più evidente di ciò
che sul piano della ricostruzione storica veniva esponendo.
Perciò i due volumi, la storia di Ciminna e quello
sugli usi e costumi, che noi abbiamo considerato, quanto
al contenuto, come un'unica opera, essendo la seconda,
per molti aspetti, un completamento della prima, si chiudono
con un'appendice documentaria che da anche maggiore pregio
al lavoro.
Valore documentale, come per il Pitré, anche per
il Graziano, aveva il proverbio nel quale vedeva racchiusa
come la sapienza del popolo, che dettava appunto norme
al suo agire. Perciò è pure molto interessante
la sua raccolta dei Proverbi siciliani illustrati e confrontati
con quelli della Sacra Bibbia, in cui, ancora una volta,
egli tenne a modello il Pitré il quale, nell'opera,
in ben quattro volumi, Proverbi siciliani raccolti e confrontati
con quelli degli altri dialetti d'Italia (Palermo, Pedone-Lauriel,
1880), circa 200 proverbi li aveva anche confrontati con
quelli della Bibbia. Il Graziano a quelli del Pitré
ne ha aggiunti ben altri 250 « con scopo altamente
morale ha tenuto a rilevare perché
il popolo ha fede cieca nei proverbi, molto più
se confrontano con quelli della Sacra Bibbia ».
Osservazione, questa, di notevole interesse, che sta bene
ad indicare l'importanza anche psicologica che ai suoi
occhi il proverbio assumeva soprattutto in un' epoca,
quella del positivismo, in cui tanti valori tradizionali
erano entrati in crisi, conservando esso, appunto per
il suo riferimento alla Bibbia, ancora un carattere sacrale.
Essendo anche l'istruzione poco diffusa, egli nel proverbio
vedeva perciò per le masse anche un mezzo di formazione
morale e spirituale affidata appunto agli insegnamenti
contenuti nelle brevi e argute sentenze proverbiali, che
riuscivano poi tanto più efficaci quanto più
erano ricche di figurazioni.
Anche il saggio su La questione di Santo Meli nel 1860,8
il fuorilegge, durante la campagna dei « Mille »
in Sicilia, che, dopo un sommario processo, finisce i
suoi giorni fucilato, e quello su Antonino Canzoneri,
ultima vittima dell'Inquisizione in Sicilia9
rientrano in certo modo più nel proposito di una
descrizione folkloristica che di una descrizione storica
delle vicende dei due personaggi. Vi è in essi,
infatti, più il gusto di descrivere le loro bizzarrie
che di ricercare le ragioni storiche del loro anormale
comportamento.10
Questa predilezione per il folklore, rivela, dunque, la
vera vocazione del dott. Vito Graziano, che è appunto
quella che lo sollecita allo studio della storia del suo
popolo principalmente attraverso le tradizioni, gli usi,
i costumi, i canti e i proverbi; attraverso, insomma,
tutto ciò che in esso vi è di più
genuino e immediato, « poiché pensava
anche il folklore è storia ». Perciò,
fino al termine della sua vita, nel 1942, egli continuò
a studiare la « storia » del suo popolo, ma
non più, come aveva fatto agli inizi, attraverso
gli aridi documenti d'archivio, ma attraverso ciò
che riteneva di trovare di più vivo, genuino e
originario in esso: i proverbi. Così fino agli
ultimi suoi giorni egli amò raccogliere proverbi
siciliani, da riempire due quaderni: proverbi ancora inediti
che, insieme con un suo dramma storico in tre atti, La
figlia del castellano, ambientato nel castello di
Ciminna (vicenda che si immagina svolta nel 1326) e ancora
pure inedito, sarebbe veramente augurabile venissero pure
pubblicati. Sarebbe una nuova testimonianza, che si aggiungerebbe
a quelle già note, del grande amore con cui il
dott. Vito Graziano sempre si dedicò allo studio
della storia e degli usi e costumi del paese natìo,
e un notevole contributo per la migliore intelligenza
dello spirito e dell'indole della nostra gente.11
Ciminna, 1987
FRANCESCO BRANCATO
7.
Cfr. GIUSEPPE COCCHIARA, Giuseppe Pitré e le tradizioni
popolari, Palermo, Ciuni, 1941, in cui è fatta
conoscere non soltanto l'importanza della scienza dal
Pitré coltivata, ma la grande risonanza che essa
ha avuto nel mondo.
8. Pubblicato in «
Sicania », a. III, nn. 7 e 8, Caltanissetta 1915,
ripubblicato a Palermo, Tipografia Pontificia, 1841, p.
15.
9.
In « Archivio Storico Siciliano », N.S. a.
LIV, 1935 (estr. p. 15).
10. Per un esame, sia pure
rapido, sui due personaggi, cfr. il mio articolo Storia
e folklore negli scritti di Vito Graziano, in «
Nuovi Quaderni del Meridione », a. XVI, 1978, n.
63, pp. 337-344.
11. Il dott. Vito Graziano
nacque a Ciminna il 12 febbraio 1864. Dopo un corso regolare
di studi, conseguì, presso l'Università
di Palermo il 5 agosto 1889 la laurea in Scienze naturali
e il 9 luglio 1891 quella in Medicina e Chinirgia. Frequentò
in particolare il Gabinetto di Mineralogia e di Geologia
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