|
||||||||||
CIMINNA (PA)www.ciminna.eu
Storia, arte, tradizione, costume, usi,
verde, sole.......
|
Parte
terza
|
|||||||||
|
||||||||||
Memorie e DocumentiDr Vito Graziano Parte III - cap. 4 Ora debbo parlare dell'indole e dello spirito religioso
del popolo, che si manifesta principalmente colle feste, le tradizioni e
le costumanze sacre. Dopo la festa sopra descritta, la più importante
è quella di S. Vito, patrono principale di Ciminna. Essa si fa due
volte all'anno, la prima il 15 giugno e la seconda la prima domenica di settembre.
La festa del 15 giugno ha un'origine antica quanto il culto del santo in
Ciminna; quella della prima domenica di settembre si fa con solennità,
a spese in parte del Comune, e ricorda la traslazione delle reliquie, avvenuta
nel 1672. Vi è fiera di animali, istituita da tempo immemorabile,
una o più bande musicali, illumi-nazione delle strade, corse di bàrberi,
fuochi pirotecnici, e processione delle reliquie.
Anticamente essa si faceva in modo più solenne, e vi era un gran mercato di tessuti, oreficeria, chincaglieria ed altro, che durava circa 15 giorni e faceva accorrere molti forestieri dei paesi circonvicini, con notevole vantaggio del piccolo commercio. Era il festino di Ciminna, la cui fama si estendeva in tutta la provincia. Oltre alle dette feste, ve ne sono tante altre di minore
importanza, che si celebrano pure con solennità. Accenno fra queste:
la festa di S. Giuseppe, di S. Francesco di Paola, del Corpus Domini, dell'Immacolata
Concezione, della Madonna del Carmine, dell'Addolorata e della Settimana
Santa. In questa sono degne di menzione la processione dei misteri nella
mattina del venerdì santo e quella dell'Addolorata nella sera dello
stesso giorno.
Parlando delle feste religiose non posso tacere quelle
avvenute nel 1855, che si fecero per la proclamazione dell'Immacolato Concepimento
di Maria. Durarono cinque giorni, cioè dal 9 aprile, che fu il lunedì
dopo Pasqua, fino al venerdì, con parato e musica in chiesa, banda
e illumi-nazione in tutte le strade. Ma ciò che rese indimenticabile
quella festa, fu una processione figurata, che trasse a vagheggiarla una
sterminata folla dei convicini paesi. Il mercoledì dopo pranzo il
simulacro dell'Immacolata Concezione fu trasportata nella chiesa della Matrice,
anch'essa parata a festa, e il giovedì uscì di là in
processione ritornando nella stessa chiesa, sempre corteggiata da 180 ragazze,
scelte fra tutte le classi sociali del paese, rappresentanti i simboli della
litania della SS. Vergine. Incedevano tutte abbigliate di quell'abito, che
esprimeva il titolo rappresentato, e la modestia del loro portamento, la
varietà del loro vestire e la novità dei geroglifici produssero
tale incanto, che si dovette replicare altra volta il giorno seguente.
Delle dette feste si parla in un panegirico a stampa del P. Alessio Narbone, e in un deliberato decurionale del 28 aprile 1855, il quale riferisce quanto siegue: «Finito il bimestre delle sante missioni si portò alla Matrice il simulacro di M. SS. I., ove si fece un triduo che può dirsi un giorno prolungato di canti, messe, riti di chiesa, concorso immenso di popolo, le tre notti quasi uguagliavano la forte luce solare per le innumerevoli faci delle case private e dei pubblici stabilimenti. Negli ultimi due giorni ebbe luogo la ripetuta processione della litania figurata di M. SS., eseguita da ragazze che appena toccavano il secondo lustro, egregiamente ornate ed accompagnate dagli emblemi caratteristici degli enunciati titoli di cui è fregiata Maria SS. Non sarà facile obliare questo eccezionale periodo della vita». Ogni giovedì a due ore di notte suona una campana
in memoria dell'istituzione del sagramento dell'eucaristia, e a quel suono
in alcune case, e anticamente in tutte, si espongono fuori i lumi per ricordare
l'ora solenne, nella quale Gesù Cristo istituì il detto sacramento.
Inoltre il venerdì a ventun'ora suonano tutte le campane in memoria
della morte di Cristo, e le persone devote recitano cinque Credi. Fu Mons.
Bazan, Arcivescovo di Palermo, che con editto del 25 agosto 1693 ordinò
che in ogni venerdì, a mezzogiorno e ad ore 21, si suonasse il mortorio
in tutte le chiese con 33 tocchi, per eccitare la pietà dei fedeli
a venerare la memoria del Redentore.
Ogni volta che succede la morte di un individuo, essa viene subito annunziata col suono delle campane, affinchè il popolo ne suffraghi l'anima colle preghiere. L'abuso eccessivo del detto suono è stato lamentato da antico tempo. Infatti nel 1784, in una controversia, sorta fra il pubblico e la comunia del clero, fu stabilito dal vicario generale Vanni che, nella morte di qualunque prete non si potesse sonare altra campana che quella della parrocchia, della chiesa, ove si doveva seppellire il cadavere, e della confraternita che l'accompagnava, e nei casi di morte avvenuta di notte se ne desse il segno con un solo tocco di mortorio.1 Nel 1843 il sindaco Giuseppe Quince, con lettera del 28 marzo, si rimise alla saggezza del rev. arciprete di quel tempo per limitare il simultaneo suono delle campane in più chiese, che dimostravano il più ridicolo fanatismo suscitato dall'orgoglio. Nei casi di prolungata siccità si fanno pubbliche preghiere con tridui e con processione. Quelle si fanno portando per le vie un Crocifisso, dietro il quale segue il popolo cantando:
In alcune feste come quelle di S. Giuseppe, di S. Francesco
di Paola, del SS. Crocifisso, di S. Vito e d'altri si fa durante la processione
del simulacro la volata dell'angelo.
Ma l'usanza più bella e più caratteristica è la così detta tavolata di S. Giuseppe, che si fa il giorno della festa. Si scelgono tre poveri di buoni costumi e timorati di Dio, cioè un uomo di età avanzata, una donzella nubile e un bambino di tre o quattro anni, che rappresentano S. Giuseppe, Maria Vergine e il bambino Gesù, e sono vestiti secondo i costumi di questi. La mattina della festa si riuniscono nella casa, ove si deve fare la tavolata, e di là si recano insieme alla chiesa di S. Giuseppe, accompagnati da molte persone. Ivi assistono alle sacre funzioni e quindi nello stesso modo ritornano donde sono partiti. Qui avviene una cerimonia commovente. La porta si trova chiusa, S. Giuseppe bussa col bastone tre volte e di dentro gli si risponde: Cu è? Un poviru passaggeri. Itivinni a nautra banna, ccà nun è Incanna. Allora S. Giuseppe se ne va con Maria e Gesù e, dopo aver fatto tre passi, ritorna indietro, bussa altre volte e si ripete lo stesso dialogo. Questa volta S. Giuseppe si allontana scoraggiato, ma il bambino Gesù gli dice: lamu ni chista divutedda, ci dicemu ca semu Gesù, Giuseppe e Maria e idda ni apri, e S. Giuseppe ritorna a bussare la terza volta. Alla domanda: Cu è? il bambino Gesù risponde: Gesù, Giuseppe e Maria. Allora si spalanca subito la porta, e questi entrano e siedono attorno ad una tavola imbandita, che viene benedetta dal prete prima di cominciare il pranzo. Poi i sacri personaggi cominciano a mangiare le varie pietanze. Finito il pranzo, Gesù, Giuseppe e Maria girano pel paese e infine ritornano alle proprie case. Nel giorno dell'Ascensione vi è da tempo remotissimo l'usanza, che tutti gli animali equini, bovini e ovini sono condotti alla chiesa dei Cappuccini fuori l'abitato, ove si trova un prete in cotta e stola che li benedice. Anticamente, quando vi erano i monaci, questa usanza era pittoresca. I caprai vi andavano coi loro costumi di pelle, le pecore e le capre ornate di variopinti nastri e portavano al collo molte campane, che facevano un gran frastuono, i cavalli e gli animali da soma vi andavano elegantemente bardati e cavalcati dai loro padroni, vestiti anch'essi a festa. Le strade del paese e lo stradale dei Cappuccini, ove passavano i detti animali, erano gremiti di molto popolo, che guardava quello spettacolo. Per antica consuetudine i caprai e i boari mungevano alcuni dei loro animali e il latte raccolto era tanto che veniva dai monaci trasformato in cacio. Un'altra usanza commovente si fa ogni anno la vigilia del Corpus Domini. I confrati della congregazione del giovedì, detta anche del SS. Viatico, girano in processione le vie del paese, che il giorno seguente dovranno essere percorse dal SS. Sacramento, colle granate nelle mani in atto di togliere le immondezze. Anticamente procedevano scopando davvero e i giovani novizi, non ancora confrati, portavano delle ceste per togliere le pietre, che si trovavano in mezzo alle vie. Nella prima quindicina di agosto esiste ancora la cantata delle Madonnuzze, che precede la festa dell'Assunta. Fino a poco tempo addietro in ogni strada, in ogni vicolo, in ogni cortile si raccoglievano le donne, specialmente giovani, del vicinato e cantavano su diversi toni delle canzoncine in onore dell'Assunta. Accenno infine ad un'altra usanza di questo paese, che esiste anche in tanti altri. Ogni anno per la festa di S. Lucia il popolo si astiene dal mangiare pane e pasta per devozione alla santa, che esso intende propiziarsi per essere liberato dalle malattie degli occhi, e si nutre ordinariamente dalla così detta cuccia che per una credenza popolare era il cibo prediletto da S. Lucia quando era vivente. Non posso chiudere questo capitolo senza accennare ad altre costumanze antiche, che ora non esistono più. Nel prospetto della Matrice era murato un collare di ferro, che esistè fino a pochi anni addietro. Si dice che con esso erano legati al collo i publici bestemmiatori, che in tal modo erano messi alla gogna per incutere un salutare timore negli altri. Fino a poco tempo addietro la sera della vigilia, che precedeva la festa di S. Giuseppe, in tutte le strade del paese si facevano grandiosi falò (vampe) con legna e oggetti vecchi, in segno di gioia ed onore verso il santo.
|