Come tutti i santi patroni S. Vito ha due feste, 1'
una il 15 giugno e 1' altra la prima domenica di settembre, 1'
una campestre e 1' altra cittadina.
La festa del 15 giugno è preceduta ogni anno da sette martedì,
che si celebrano nel santuario
del santo fuori il paese. Vi si celebra la messa con intervento
del popolo e della banda musicale e si porta in processione il
simulacro fuori la chiesa.
I martedì sono celebrati a spese delle varie classi del
popolo. Infatti il primo è fatto dai vucceri,
il secondo dai picurara, il terzo
dai vardiddara, il quarto dai varveri,
il quinto dai carritteri, il sesto
dai muratura, e il settimo da tutto
il popolo. Fra le dette classi avvenivano un tempo delle
gare per la celebrazione dei singoli martedì
La festa della prima domenica di settembre è
la più importante del paese dopo quella del Crocifisso,
e vi è pure ogni anno grande affluenza di forestieri
dei paesi vicini. E la festa patronale, la festa per eccellenza
di Ciminna.
Essa rimonta al 1672 e ricorda la traslazione in Ciminna delle
reliquie del santo, avvenuta nel detto anno.
Vi è fiera di bestiame, istituita da tempo immemorabile,
suono di banda musicale, corse di bàrberi, illuminazione
nelle strade con lampade elettriche, sparo di fuochi artificiali
e processione del simulacro 1
e delle dette reliquie racchiuse in una urna
d'argento, con intervento del clero e della confraternita
del santo. Si dice per tradizione che verso il 1800 vi fu anche
una processione figurata della vita del santo.
Per devozione al loro patrono i Ciminnesi residenti in America
fondarono ivi molti anni addietro un' associazione intitolata
S. Vito di Ciminna, che è una delle più benemerite
e floride associazioni coloniali.
(1) Esso
fu restaurato a cura dell'abate D. Vito La Porta nel 1828.
3. Il mercato antico
Nei tempi passati vi era un gran mercato, che durava
15 giorni e faceva accorrere dai paesi vicini molti forestieri.
Si vendevano merci di ogni genere : tessuti di lana, di cotone
e di seta, lavori in oro ed argento, oggetti di vetro e di maiolica,
utensili di rame e di ferro, cuoiami, calzature, stoviglie e
inoltre gingilli e giocattoli d'ogni specie : trombette, tamburi
e tamburelli a sonagli, zufoli e scacciapensieri, e vi erano
pure pasticcieri e torronai che esponevano la loro mercé
in bancali coperti da tendoni.
Nella settimana che precedeva la festa, accorrevano in Ciminna
numerosi mercanti forestieri, particolarmente di Palermo e di
Termini Imerese, i quali trasportavano le loro mercanzie su
animali da soma e l'esponevano in baracche o logge costruite
nella strada delle Vuccerie, oggi via Umberto I.
Ogni baracca aveva la forma quadrata, col lato lungo una canna
(m. 2,06). Lateralmente e di dietro era chiusa da tavole, e
al davanti aveva un tendone che si alzava e si abbassava secondo
il bisogno. Al di sopra era coperta da un graticolato di listoni
e da tegoli che erano forniti gratuitamente da tutti li stazzunara
del paese.
Le logge dei pannici i erano circa 12 disposte lungo il muro
laterale della chiesa di S. Domenico, quelle degli orefici da
6 a 8, lungo il muro compreso fra la chiesa della Raccomandata
e il principio della via Alvano e quelle dei macellai da 5 a
6, lungo il muro che fa angolo con la via Fontanella. Durante
la notte le logge erano custodite da una guardia urbana.
Alla estremità della detta via era 1' antico stazzone
con le casette dei quartarara, dinanzi alle quali si vendevano
i prodotti della loro industria, e infine fuori 1' abitato,
nel piano chiamato della Apurchiarola, vi era la
fiera del bestiame.
Per le difficoltà del commercio e per la mancanza di
vie rotabili si difettava allora in Ciminna di negozi, e quindi
i cittadini e gli abitanti dei paesi vicini aspettavano i giorni
del mercato per fare provvista del bisognevole. Però
dopo il 1860 il commercio cominciò ad attivarsi, sorse
qualche bottega più o meno fornita di ogni necessario,
e il mercato perde d'importanza, finché verso il 1870
cessò di esistere e ora nessuno lo ricorda più.
La festa aveva termine coi fuochi artificiali, dopo i quali
cominciavano i cosi detti notturni composti da cantatori con
suono di chitarre e mandolini, per cantare canzoni d'amore,
per lo più a pagamento, davanti le porte delle donne
amate. Il giorno dopo ricominciava la solita vita e bisognava
fare i conti coi creditori, che per antica usanza aspettavano
quella festa per essere pagati.
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