1.
Condizioni della pubblica sicurezza
in Ciminna nel principio del secolo XIX
Nel principio del secolo scorso le condizioni
della pubblica sicurezza in Ciminna, come altrove, erano
molto deplorevoli pel numero straordinario di malviventi,
che attentavano agli averi di casa e alle proprietà
di campagna. Per buona fortuna di questa popolazione
era allora Capitano d'Armi D. Ignazio Valenza, il quale
si cooperò con efficacia al ristabilimento della
pubblica tranquillità. Il paese fu riconoscente
al detto Capitano, e tutte le autorità locali
mandarono un memoriale al viceré, lodando immensamente
l'opera di lui e pregando che fossegli ordinato di continuare
sino alla fine la sua impresa.1
Il viceré ordinò che si facesse quanto
si chiedeva; ma, ciò nonostante, pare che non
fosse ritornato interamente il rispetto alla proprietà
altrui, poiché a 25 novembre dell'annoseguente
1803 la Corte Capitaniale di Ciminna espose al governo
il danno, che cagionavain queste terre il bestiame introdotto
dai caprai e dai boari.
1. Archivio
di Stato di Palermo, R. Segreteria, Rappresentanze del
Regno, busta n. 2.394.
-
2.
Rappresentanti di Ciminna al Parlamento siciliano del
1812-1815.
Nel Parlamento siciliano
del 1812, aperto il 18 luglio coll'intervento dei tre
bracci e chiuso il 4 novembre del detto anno per le dissenzioni
in esso insorte, Ciminna fu rappresentata nel braccio
baronale dal suo duca D. Benedetto Grifeo, principe di
Partanna. Ma nell'anno seguente 1813 il Parlamento fu
aperto l'8 luglio con due camere, l'una dei Pari formata
da coloro che costituivano i due bracci baronale ed ecclesiastico
e l'altra dei Comuni formata da tutti i rappresentanti
delle popolazioni demaniali e baronali. Ciminna elesse
il suo deputato nella persona del barone Dr. D. Francesco
Ciminna e Naselli, che la rappresentò fino alla
chiusura di esso, avvenuta il 30 ottobre dello stesso
anno. Nel Parlamento successivo del 1814, aperto il 18
luglio e sciolto dopo cinque giorni, il 23 dello stesso
mese, Ciminna mandò per suo rappresentante il Sig.
D. Saverio Palmeri da Termini. E finalmente nell'ultimo
Parlamento, aperto il 22 ottobre dello stesso anno 1814
e sciolto allora per sempre il 15 maggio 1815, Ciminna
elesse a suo rappresentante il Dr. D. Filippo La Porta.
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3.
Moti politici del 1820.
Nel mese di luglio dell'anno
1820 scoppiò in Palermo un'insurrezione popolare
per aver la costituzione spagnuola e l'indipendenza da
Napoli. Il popolo corse per gli uffici pubblici, da recente
istituiti, della carta bollata, del Registro, delle Ipoteche,
del Catasto e dell'Intendenza, e ne bruciò le carte.
Ciminna, appreso il tumulto della capitale, ne imitò
subito l'esempio, e un popolo immenso assalì la
casa comunale e bruciò le carte in essa esistenti,
facendone mucchi nella pubblica piazza.2
Quante notizie preziose perla storia del paese andarono
perdute in un momento! Ma i popoli s'abbandonano spesso
ad atti vandalici, che riescono di danno ai loro interessi.
Il popolo mostrava intendimenti rei e perversi e minacciava
la vita e le sostanze dei possidenti, come suole avvenire
in tutte le sommosse popolari della plebe; ma quelli si
difesero organizzando una guardia civica e una giunta
provvisoria.
2.
Poche furono le carte scampate da quell'incendio, e
di esse ora esistono due soli registri di deliberazioni,
appartenenti agli anni 1780-90 e 1813-18 e un altro
registro appartenente agli anni 1792-96. Gli atti dello
stato civile e gli altri documenti, esistenti nell'archivio
comunale sono posteriori alla detta epoca. Essi erano
ammassati senza alcun ordine in un locale angusto; perciò
il Consiglio comunale, con deliberazione del 30 agosto
1909, diede incarico agl'impiegati di segreteria di
scartare le carte inutili e ordinare le altre. Ciò
fu eseguito per opera principale delTAw. Pietro Anselmo,
segretario comunale, il quale merita non poca lode
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4.
Epidemia del triennio 1822-24.
Due anni dopo questi
avvenimenti, cioè nel 1822, successe un'epidemia
di febbri tifoidee, che allora erano chiamate febbri putride
infettive. Essa fu prodotta dalla miseria e dalle pessime
condizioni igieniche del paese, e durò pel lungo
spazio di un triennio, cioè dal 1822 al 1824, producendo
ogni anno una mortalità superiore ai 300 morti.
Infatti nel 1822 essi furono n. 310, nel 1823 n. 313 e
nel 1824 n. 311.
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5.
Terremoto del 1823
Durante quella lunga
e grave epidemia Ciminna fu colpita da un'altra sventura,
che fu comune a tutta la Sicilia. Il 5 marzo del 1823,
verso le ore 5,30 dopo mezzogiorno, s'intese una forte
scossa di terremoto. Cadde la statua di S. Maria Maddalena,
ch'era nel prospetto della Matrice, crollò parte
del campanile di S. Francesco, che era a forma di piramide,
e rovinò gran parte della torre dell'orologio nella
piazza,, che esisteva da più secoli e fu poi riparata
nel 1844. Essa uccise un certo Vito Speziale e ferì
gravemente un altro individuo, che trovavasi a passare
sotto di essa.3
.La memoria di quel terremoto esiste ancora nel popolo,
e ogni anno a 5 marzo se ne ricorda l'avvenimento con
suono di tutte le campane e col canto del Te Deum nella
madre chiesa, alle ore 17,1/2.
3.
AGOSTINO GALLO, Dei terremoti avvenuti in Sicilia in febbraio
e marzo 1823, Palermo 1823, pp. 5 e 6; ABATE FRANCESCO
FERRARA, Memoria sopra i tremoti della Sicilia in marzo
1823, Palermo 1823, p. 5.
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6. Colera del 1837, 1855
e 1867
Nel 1837 il colera
asiatico invase la Sicilia, facendo ovunque grandi stragi.
I primi casi avvennero in Palermo il 7 giugno e produssero
il terrore nella città e nei paesi convicini.
Perciò il giorno 25 del detto mese il Decurionato
di Ciminna deliberò la costruzione di dieci casette
d legname, per l'esecuzione del cordone sanitario in
tutto il perimetro del Comune, ed elesse due decurioni
per coadiuvare il Sindaco D. Rosolino Giannò
nella sola firma e visto di passanti. Ma l'asiatico
morbo ruppe questa debole barriera e, verso la metà
del nese di luglio, entrò in Ciminna, restandovi
circa due mesi e mezzo e facendo continue stragi. Ma
il periodo più acuto fu nella prima quindicina
di agosto, e il giorno più terribile fu il 4,
in cui si ebbero a deplorare 17 vittime.
Il numero dei morti in tutta l'epidemia non si può
dire con precisione, perché nei registri dello
stato civile sono compresi anche gl'individui morti
per altre malattie; ma possiamo dire il numero di tutti
i decessi avvenuti nel detto periodo, che fu 262, e
di quelli avvenuti in tutto Panno, che fu 438. I cadaveri
furono sepolti nelle chiese dei Cappuccini, S. Francesco
di Paola, S. Sebastiano, S. Vito, S. Antonio e pochi
nelle sepolture gentilizie di altre chiese.
La mortalità fu circa del 4 per 100 di tutta
la popolazione, mentre in altri Comuni fu superiore
al 5 per 100 e in qualcuno giunse al 14 per 100. Alla
fine di settembre Ciminna era interamente libera, come
appare da una lettera in data del 2 ottobre del Luogotenente
Generale al Ministro Segretario di Stato per gli affari
di Sicilia in Napoli. In tutto il periodo di quella
epidemia, sebbene il popolo credesse al pregiudizio
del colera gettato, pure non avvenne alcuna sommossa
popolare.
Nel 1854 la terribile malattia tornò ad affliggere
la Sicilia, e pel timore d'una nuova epidemia, Ciminna
adottò un rigoroso cordone sanitario e ricorse
anche alle preghiere. Nei giorni 13, 14 e 15 ottobre
del detto anno si fece nella chiesa di S. Giovanni un
triduo solenne, che fu chiuso colla processione delle
sacre immagini del SS. Crocifisso, della Immacolata
Concezione e di S. Vito.
In quell'anno vi furono tre soli casi di colera, seguiti
da morte, in persone provenienti da altri Comuni; ma
nel 1855 vi fu un'epidemia, che cominciò il 17
novembre e finì il 31 dicembre. I morti furono
68, cioè 38 maschi e 30 femmine, con una mortalità
di 1, 4 per cento. 4
Nel 1867 avvenne in Ciminna l'ultima epidemia di colera,
che produsse una rilevante mortalità. Cominciò
il 14 luglio e cessò il 14 settembre; il numero
degl'individui attaccati di colera fu 247 e il numero
dei morti fu 151, con una mortalità del 21/2
circa per cento di tutta la popolazione. I giorni più
funesti furono 26 luglio, 4 e 10 agosto, con 7 morti
al giorno, e 27 e 5 agosto con 6 morti al giorno.
4.
«Giornale di Statistica» compilato dalla
Dirczione centrale della statistica di Sicilia, II serie,
fase. 4, Palermo 1859.
Top
7.
Moti politici dal 1848 al 1860
In mezzo a tante
sventure il popolo non perde mai i sentimenti di libertà
e d'indipendenza, che diedero origine agli avvenimenti
più importanti del secolo, cioè alle vicende
politiche del '48, del '56 e del '60, che ebbero la
loro eco anche in Ciminna.
La memoranda rivoluzione del 1848 rammenta in questo
paese un triste fatto di sangue, dovuto a un tumulto
popolare. Il giorno 6 febbraio il popolo si radunò
alla madre chiesa per cantare un solenne Te Deum in
ringraziamento della libertà acquistata dalla
Sicilia. Finita la sacra funzione, il popolo uscì
tumultuando colla bandiera tricolare, andò in
casa dell'esattore comunale D. Giuseppe Diblasi e bruciò
tutte le carte di quell'ufficio. Poi, ancora tumultuando,
passò nell'abitazione del cassiere comunale D.
Rosario Bondì, di anni 36, e quivi si ebbe a
deplorare un grave fatto di sangue.
Egli, prevedendo facilmente un assalto del popolo, pensò
di prepararsi alla difesa facendo chiudere nella sua
casa alcuni individui armati per resistere a qualunque
violenza popolare. Quando la folla tumultuante fu sotto
la sua casa, era già notte. Allora uno dei sudetti
individui, si affacciò cautamente da una finestra
e sparò sulla massa, forse per intimorirla.
Ma quel colpo di fucile fu il segnale della lotta, perché
il popolo, inferocito da quell'atto, che per poco non
fece delle vittime, si scagliò contro quella
casa, in pochi momenti ne abbattè la porta, entrò
con violenza nelle stanze cercando coloro che vi erano
dentro, per farne aspra vendetta. Nel tumulto le persone
estranee ebbero la fortuna di fuggire, e il povero Bondì,
trovato sotto un mucchio di concime, dove si era in
fretta nascosto, fu ucciso dalla folla, a 4 ore di notte,
e la di lui moglie fu ferita alla coscia sinistra con
un'arma da fuoco. Poi il popolo bruciò tutte
le carte trovate in quella casa, e quelle esistenti
presso il cancelliere comunale, che forse per malattia
lavorava in casa,5
e infine si sciolse, perché era alta notte.
Come in tutti i Comuni della Sicilia si formò
in Ciminna un comitato rivoluzionario, che si mise in
comunicazione con quello centrale di Palermo, assunse
l'amministrazione comunale e politica e faceva anche
pagare le tasse, eccetto quella del dazio sul macinato,
che fu abolita. Questo comitato in principio fu presieduto
dall'arciprete D. Salvatore Cascino e, dopo poco tempo,
dal Sig. D. Francesco Landolina; teneva le sue riunioni
pubbliche nell'Oratorio della Concezione, ora ridotto
ad uso di teatro.
Pel mantenimento dell'ordine fu istituita una guardia
nazionale, comandata dal Sig. D. Ignazio Cocchiara,
che nel settembre di quello stesso anno con una numerosa
squadrad'operai, accompagnata dalla banda musicale,
si recò in Palermo per aiutare i lavori delle
barricate.
Ciminna era allora sede di Circondario e perciò
mandò al Parlamento siciliano il suo rappresentante
nella persona dell'Avv. Giuseppe La Porta, che nella
memorabile seduta del 13 aprile 1848 votò decadenza
dei Borboni. Fatta la proclamazione del nuovo Re di
Sicilia in persona del Duca di Genova Alberto Amedeo,
secondogenito del Re di Sardegna, in Ciminna si fecero
manifestazioni di giubilo con illuminazioni, sparo di
mortaretti e suono di campane.
Ma, avvenuta la restaurazione borbonica, il Decuriona-to,
riunito il primo giugno 1849, fece gli atti più
energici d'ubbidienza e di subordinazione al Re e ai
suoi rappresentanti.Gl'individui, che presero parte
ai moti politici del 1848, furono: Cimati Salvatore
fu Domenico, Ferrara Vito fu Santi, La Spisa Salv. d'ignoti,
Ferrara Giuseppe fu Santi, Albanese Gioacchino fu Filippo,
Di Nicola Francesco fu Francesco, Caltabellotta Giuseppe
fu Calogero, Tantillo Michele fu Giuseppe, Albanese
Filippo fu Raffaele, Caltabellotta Vito fu Calogero.6
Nel 1856 Ciminna fu visitata dalla banda di Francesco
Bentivegna, che finì infelicemente per la causa
della libertà. La rivolta cominciò il
22 novembre, percorrendo a mano armata i Comuni di Campofelice
di Fitalia, Villafrati e Mez-zoiuso, ove la dimane,
giorno di domenica, Davide Figlia, uno dei principali
compagni di Bentivegna, esortò alla sommossa
il popolo raccolto nella piazza, riunì circa
100 persone, in gran parte armate, alle quali promise
la paga di tari 4 al giorno (L. 1,70) per ognuna. Indovinando
la mossa dei compagni lasciati la sera innanzi, Davide
Figlia si diresse per Ciminna, sorta già in armi
per opera di Luigi La Porta, ove si riunì a quelli
provenienti da Ventimiglia, circa due ore prima di far
sera. Qui lasciò la parola al Sig. D. Spiri-dione
Franco, che faceva parte di quella banda e ne scrisse
la storia in un libro pubblicato in Roma nel 1899: «
Giunti alla vista di Ciminna i nostri cuori si sollevarono
un poco nel vedere sventolare la bandiera della libertà,
che portava Davide Figlia spiegata nelle terre comunali
dell'Apurchiarola, e l'ottima banda cittadina che sonava
l'inno nazionale del 1848. Luigi La Porta7
con buon numero di paesani che ci attendeva; Davide
Figlia avava schierato in parata i suoi uomini, e così
colla musica alla testa siamo entrati in Ciminna ricevendo
affettuose accoglienze, abbiamo posto il nostro quartiere
generale nel casino dei civili posto nella piazza».8
In Ciminna si sparò in piazza e poi nell'Apurchiarola
ai ritratti dei Sovrani.
La notte seguente all'arrivo si raccolsero fucili, e
Davide Figlia, per pagare gli uomini, giusta la promessa
fatta, si fece consegnare dall'esattore Cascio Grutta
il denaro del Ricevitore del registro, del lotto e del
macinato mediante ricevute firmate da lui come segretario
e da Bentivegna come presidente del comitato rivoluzionario.
Fu anche incendiata tutta la scrittura attiva esistente
presso il detto esattore.9Il
numero dei rivoltosi in quel momento ascendeva a 464
efurono tutti pagati. Nello stesso tempo giunse da Villafrati
un messo per nome Domenico Mucciglia, dicendo che ivi
era giunto il procaccio con onze 64 e che la dimane
doveva partire per Palermo, perciò invitava la
banda di mandare la stessa notte a prendere quel denaro.
E ciò fu eseguito da una squadriglia di sei uomini
armati.
In Ciminna Bentivegna formò il disegno di sollevare
Lercara, Prizzi, Corleone e Marineo, e di piombare improvvisamente
su Palermo; ma le sue sorti in quel momento erano già
decise. Un vetturino delle R. Poste, che stava nel rilievo
del fondaco di Manganare, cavalcando un bellissimo cavallo
merlino, venne in Ciminna e offrì a Bentivegna
i cavalli del suo rilievo per uso della banda. Quegli
rifiutò, ma il vetturino corse a Palermo per
riferire tutto a Maniscalco, ricevendo il meschino premio
di cinque scudi.
Saldo in tal concetto il Bentivegna la mattina del 24
partì da Ciminna con tutta la sua banda, e verso
le ore 9 a m. giunse al Fondaco della Pianotta. Ivi
da un uomo reduce da Palermo apprese la notizia che
grosse squadre di fanti, di artiglieria e cavalleria
erano dirette su Villafrati, e a tale notizia sciolse
la banda sul far della sera.
Infatti il 23 novembre '56 a vespro il Maniscalco annunzio
al principe di Castelcicala la rivolta di Mezzoiuso,
e questi spedì subito un grosso distaccamento
militare, formato dal 7° Cacciatore e comandato
dal Tenente Colonnello Giuseppe Ghio, che giunse in
Villafrati il 24 alle ore 10 e mozza a.m., indi marciò
sopra Mezzoiuso e di là venne in Ciminna.
Da per tutto « si mettevano sossopra le case,
si catturavano le madri e le sorelle dei fuggiaschi,
s'intimidivano i buoni, si corrompevano i tristi, s'invilivano
i perplessi, spargevasi ovunque lo spavento e il terrore
».10
La compilazione del processo fu affidata al giudice
istrut-tore Giovanni Barcia, che si recò prima
in Mezzoiuso, poi a Villafrati e quindi venne a Ciminna.
Esso fece ivi arrestare molti individui, perché
imputati dei reati di comitiva armata con animo di commettere
misfatti e delitto a danno delle proprietà e
dello Stato, e furono: 1. Vito Campanella, 2. Nicolo
Ferrara, 3. Filippo Meli, 4. Giuseppe Meli, 5. Crocifissa
Meli, 6. Salvatore La Porta, 7. Maria La Priola, 8.
Domenico Sganga, 9. Giuseppe La Spisa, 10. Salvatore
Meli, 11. Salvatore Cimati, 12. Giuseppe Ferrara, 13.
D. Vito Cacti, 14. Francesco Cacti, 15. Rosario Di Bella,
16. Antonino Catalano, 17. Antonino Guagliardo, 18.
Giuseppe Barone, 19. Gabriele Scimeca, 20. Vito Monastero,
21. Leonardo Rizzo, 22. Salvatore Bonanno, 23. Salvatore
Messina, 24. Antonino Ansalone, 25. Leone Cassata, 26.
Pietro Bar-tolomeo, 27. Giuseppe Caleca, 28. Benedetto
Pagano, 29. Vincenzo Guagenti, 30. Luigi La Porta, 31.
Onofrio Gian-cola, 32. Andrea La Paglia, 33. Luigi Paraci,
34. Calogero Gattuso, 35. Matteo Scimeca.11
Di essi i primi sette furono messi in libertà
dalla Commissione militare di Palermo, altri condannati
a pene diverse e gli ultimi sei condannati alla pena
di morte, commutata poi a 18 anni di ferri, eccetto
per Luigi La Porta, che rimase latitante fino al 1860.
Nel periodo preparatorio che passò da questi
avvenimenti al 1860, Ciminna tenne sempre alto il sentimento
rivoluzionario per opera principale di Luigi La Porta
che, sebbene nato in Palermo nel 1831, può considerarsi
un Ciminnese, poiché la sua famiglia era di Ciminna
e quivi egli stesso passò molti anni della sua
gioventù. Altri scriveranno più degnamente
di questa grande figura di patriotta, né io potrei
qui farlo; ma parlando di Ciminna nel 1860 dirò
solamente quello che egli fece in questo Comune. Luigi
La Porta era in Ciminna l'anima di quel movimento rivoluzionario,
che, soffocato ma non ispento colla restaurazione borbonica
del 1849, doveva finalmente trionfare con l'aiuto e
la direzione del Duce dei Mille nell'anno memorando
1860. Per la sua opera attiva e indefessa quel movimento
si estese anche ai Comuni suffraganei del Mandamento,
allora detto Circondario, cioè Ventimiglia e
Baucina. Liberato dal carcere nell'agosto del 1856 ritornò
in Ciminna presso la sua famiglia, continuando le relazioni
con gli uomini più autorevoli ed eminenti della
rivoluzione. Stanco, ma non domato dalla lunga prigionia
sofferta, preparava ed incoraggiava gli animi, già
assai proclivi, alla prossima riscossa, e durante il
tempo in cui rimase latitante in Ciminna e Ventimiglia,
tenne sempre vivo il sentimento rivoluzionario.
Con tale preparazione d'animi è facile comprendere
come Ciminna nel 1860 sia stato uno dei primi paesi
a muoversi. Prima che in Palermo sonasse la famosa campana
della Gancia, qui alcuni giovani ardimentosi, fra' quali
il Sig. Diblasi Giuseppe tuttora vivente, nell'oscurità
di una notte attaccarono ad una croce di legno, posta
sul poggetto di S. Agata, una bandiera tricolore, che
la mattina seguente fu vista sventolare con gioia di
tutti gli abitanti.
Il 5 aprile evasero dal carcere di Ventimiglia Santo
Meli e maestro Filippo Chiavetta, che, facendo ritorno
alle loro case in Ciminna, la sera dello stesso giorno
furono arrestati fuori l'abitato dalle guardie urbane
e dal loro capo D. Pietro Alomia, che eccitava tutti
al mantenimento dell'ordine pubblico. La dimane esso
spedì un suo rapporto e un altro del Giudice
al Sottintendente di Termini per mezzo di un pedone,
il quale fece ritorno lo stesso giorno, restituendo
i sudetti rapporti e riferendo che l'ordine era rotto
e sventolava la bandiera tricolore.
Il giorno 7 aprile Luigi La Porta, che era uscito dal
suo nascondiglio ed aveva raccolto in Ventimiglia una
squadra di armati, si recò in Ciminna colla bandiera
tricolore spiegata., dove, accolto dal popolo, percorse
le vie principali inneggiando alla libertà con
pubblici discorsi, e distrusse i ritratti dei sovrani
nel Circolo dei civili. Intanto prima che finisse quel
giorno giunse in Ciminna un distaccamento militare,
che al suo appressarsi costrinse il La Porta a partire
e rimise in qualche modo l'antico ordine di cose. Quindi
esso, ingrossata la sua squadra con molti individui
di Ciminna si recò in Baucina, Villafrati, Ogliastro
e Misilmeri. Ivi il La Porta convocò gli uomini
di pensiero e di azione e venne proclamato Presidente
del Comitato Generale d'insurrezione, rialzò
gli animi e dichiarò centro di Governo Misilmeri
e Quartier Generale Gibilrossa.12
Di là colla sua squadra e con altre sopraggiunte
sostenne diversi attacchi colle truppe borboniche, finché
quelle, sopraffatte dal numero, ripararono sui monti,
e ingrossate sempre da altre squadre percorsero poi
i Comuni di Contessa, Piana dei Greci, S. Giuseppe,
Partinico e Montelepre, ove gli armati sommavano a 1200.
Ma poco dopo, per false notizie sparse in mezzo alle
squadre, queste disertarono restando appena 400 armati,
fra' quali tutti gli uomini di La Porta. Essi la sera
del 17 aprile marciarono verso Carini, ove il giorno
18, circondati da tre colonne di regi, comandate dal
generale Cataldo e dai colonnelli Torrebruna e Per-rone,
combatterono valorosamente contro di esse per ben sei
ore, finché sopraffatti dal numero si riunirono
e, rompendo il cordone, ripararono sui monti. La Porta
si nascose in Corleone e le squadre ritornarono ai loro
focolari. La rivoluzione parve sedata e la reazione
sembrò che avesse trionfato ancora una volta.
Fra gli uomini che seguirono il La Porta fino a Carini
e si distinsero maggiormente per valore vi fu un certo
Santo Meli, con due suoi fratelli. Esso giovane di venticinque
anni, piccolo di statura, ma grande di coraggio e d'ardimento,
appartenne ad una famiglia patriottica. Il di lui padre
Domenico, i fratelli Nicolo e Vito e gli zii Ferrara
Vito e Giuseppe fu Santi presero parte ai moti del 1848,
i fratelli Filippo e Giuseppe e lo zio Ferrara Nicolo
furono arrestati per motivi politici nel 1856. Alcuni
di essi, cioè Meli Vito e Ferrara Giuseppe ottennero
la pensione. Ritornato da Carini Santo Meli se ne stette
nelle campagne vicine a Ciminna, organizzando, con intendimenti
forse patriottici, una squadra, di cui si fece capo.
Ma la sera del 28 aprile verso un'ora di notte la detta
squadra entrò nel paese, commettendo parecchi
delitti in una sola notte. Primieramente assalì
la casa del capo urbano. D. Pietro Alomia, messo già
in salvo con tutta la famiglia, e dopo averla saccheggiata,
l'incendiò. Poi essa, vedendosi accresciuta di
numero, appiccò il fuoco al Giudicato, distruggendo
tutte le carte ivi esistenti; e ciò fatto, si
diresse alla casa del sottocapo degli urbani D. Salvatore
Saso, ch'era a poca distanza. Ivi giunta chiese che
le fosse consegnata la guardia urbana Antonino Gulotta,
che aveva minacciato d'arresto parecchi individui ed
era ivi nascosto. Ma appena esso comparve sulla porta
per uscire, fu fatto segno a vari colpi di fucile, che
lo resero all'istante cadavere. Ciò fatto, pertossi
verso tre ore di notte alla casa di un certo Calogero
Caltabellotta, e chiamatolo fuori l'uccise insieme col
cugino di costui Antonino Caltabellotta, che disgraziatamente
trovavasi in quella casa. Quindi si diede al saccheggio
di essa, e già si preparava a fare altre cose,
quando sopravvenne la luce del giorno.13
Dopo questi fatti la detta squadra (circa 200 individui)
si diede a percorrere i Comuni di Regalgiofalo, Roccapalumba,
Baucina, Ventimiglia, Santa Cristina, Corleone, Campofiorito,
Bisacquino, Contessa, Giuliana e Santa Margherita, eccitandoli
alla rivolta e commettendo qualche delitto.
Perciò la detta squadra fu severamente giudicata
dall'opinione pubblica, ma non si debbono tacere i servizi
da essa resi alla causa della libertà. Infatti
essa nel Distretto di Corleone tenne vivo il sentimento
rivoluzionario, che in quel periodo era stato soffocato
dalla reazione.
Ciò nonostante il Meli, come capo della detta
squadra fu giudicato da un Consiglio straordinario di
Guerra e con sentenza del 29 settembre 1860 fu condannato
alla fucilazione, eseguita il primo ottobre alle ore
5 e mezza a. m.
Egli col suo ardimento avrebbe potuto rendere maggiori
servizi alla causa della libertà e fare onore
al paese, che gli diede i natali, se avesse sempre seguito
gli esempi dei suoi parenti.
Ora torno a raccontare i fatti, che in quel tempo si
svolsero in Ciminna. La dimane del 28 aprile venne da
Termini un grosso distaccamento di soldati col capitano
Giuseppe Salemi e compagni d'armi, avvisati dalla guardia
urbana Domenico Arena, ch'era partito da Ciminna la
stessa notte degli avvenimenti. Fu ordinato il disarmo
generale e nella pubblica piazza furono distrutti tutti
i fucili consegnati, ma due giorni dopo i soldati lasciarono
il paese e questo rimase nella più completa anarchia.
Le persone ricche fuggirono in altri paesi per salvare
almeno la loro vita, e da allora in poi gli omicidi
e i furti furono frequenti.
In mezzo a tanti disordini non mancarono in Ciminna
quelli, che tennero sempre alti i sentimenti del dovere
e della libertà. La rivoluzione, che il domani
del 4 aprile Maniscalco aveva detto di avere afferrato
pei capelli, era divampata di nuovo. I Mille erano sbarcati
a Marsala e coll'aiuto delle squadre siciliane del Coppola
e dei fratelli S. Anna avevano vinto a Calatafimi. E
mentre il La Masa, mandato da Garibaldi per ogni dove
a suscitarvi e organizzarvi la rivoluzione, raccoglieva
uomini e armi a Mezzoiuso, Villafrati, Bolognetta e
Misilmeri, Luigi La Porta riorganizzava in Ciminna la
sua squadra e la mattina del 17 maggio partì
alla volta di Caccamo con la bandiera tricolore spiegata
e la musica cittadina. Ivi in principio fu accolto festosamente,
ma poi quegli abitanti, temendo qualche rappresaglia,
condussero la squadra dentro una chiesa col pretesto
di alloggiarla. Quindi la tennero a bada, e nel frattempo
richiamarono da Termini la guardia nazionale caccamese,
che vi si era recata per aiutare quei cittadini ad impadronirsi
del castello. Allora il La Porta fu costretto licenziare
gl'individui inermi e partì con quelli armati
ed altri di Caccamo. Passò per Termini, Trabia
ed Alta villa, dove si unì ai signori Barranti,
Quattrocchi, Loreto Grimi, D'Anna e Sunseri, provenienti
da Termini, e con essi si diresse al campo di Gibilrossa.14
Di là il 27 maggio prese parte all'entrata di
Palermo, dove il La Porta si distinse nell'assalto di
Porta Maqueda.15
La città di Palermo, riconoscente al valore di
Luigi La Porta e della sua squadra, battezzò
col suo nome una nuova piazza e nel primo cinquantenario
del 27 maggio 1860 pose a Porta Maqueda la seguente
iscrizione:
Ai XXVIII maggio del MDCCCLX
Qui vittoriosamente pugnando
Contro le borboniche schiere irrompenti
Gl'insorti
E i volontari dell'VIII compagnia
Duce Luigi La Porta
Affidavano alla storia
II nome della Porta Maqueda
Ora distrutta.
Ma la prova più
importante della parte presa da Ciminna nei moti politici
del 1860 fu data dallo stesso Luigi La Porta in una
lettera, da lui diretta al Sindaco di Ciminna il 2 luglio
1876 e conservata nell'archivio comunale. Egli, rassicurando
la cittadinanza sul disegno di legge per le circoscrizioni
giudiziarie, così conchiuse la detta lettera:
« Non sarà mai sotto un Ministero liberale,
che si renderanno possibili atti d'ingiustizia come
quello temuto da cotesti comunisti, che hanno largamente
contribuito per la causa dell'unità e della libertà
nazionale ».
A misura che il Duce dei Mille colle sue vittorie rassodava
il nuovo Governo, si andava ristabilendo da per tutto
l'ordine pubblico. A Ciminna negli ultimi di maggio
fu costituito un comitato, di cui assunse la presidenza
un frate, P. Placido cappuccino, e l'ordine pubblico
fu affidato ad otto individui, che furono chiamati prezzolati
o pensionati, perché ricevevano dal comitato
l'assegno giornaliero di tari sei per ciascuno, e commettevano
pure furti e violenze. Ma nei primi di luglio P. Placido
lasciò la presidenza e se ne andò a Palermo,
ove morì pochi anni dopo, e fu sostituito da
D. Francesco Landolina, coadiuvato efficacemente, come
al 1848, da D. Salvatore Saso nel mantenimento dell'ordine
pubblico, che allora cominciò ad esservi in qualche
modo. La prima deliberazione, presa il 4 luglio dal
detto comitato sotto il nuovo Presidente, fu un indirizzo
di riconoscenza al dittatore Garibaldi per avere sottratto
la nazione dalla schiavitù borbonica. Il 17 luglio
nominò il comandante della guardia nazionale
nella persona del Signor D. Salvatore Cocchiara con
quattro capitani: maestro Vito Bonanno fu Francesco
Paolo, Vito Piscitello fu Filippo, D. Vito Cascio Grut-ta
e Antonino Catalano.
Ma con questi ed altri provvedimenti, emessi dal detto
comitato, la sicurezza pubblica lasciava ancora molto
a desiderare, e nello stato normale rientrò nel
1861, quando il nuovo Governo fu interamente rassodato.
Fra tutti gli atti del comitato rivoluzionario, che
rappresentava allora il Consiglio civico, il più
importante fu quello preso il 9 settembre del memorando
anno 1860 in questi termini: « II Consiglio, riflettendo
il vantaggio che ne verrebbe alla Sicilia per l'annessione
al regno d'Italia, delibera unanime rassegnarsi al dittatore
Garibaldi il voto di tutta questa popolazione per la
detta annessione». A 22 novembre 1860 il Consiglio
civico deliberò che i signori Andrea e Vincenzo
La Porta, Salvatore Cascio, Vito Cascio Faso, Giuseppe
Somma Pareti e Francesco Piraino, nella qualità
di deputati di Ciminna, si portassero personalmente
ai piedi di Vittorio Emanuele, quando questi sarebbe
andato a Palermo, per dimostrare l'attaccamento e l'ubbidienza
di questa popolazione.
5. Registro delle deliberazioni
decurionali, 15 maggio 1857.
6. Nello stesso anno
1849 due contadini da Carini, Giuseppe Cataldo di
anni 45 e il di lui fratello Gaetano, di anni 36,
furono per asportazione d'armi condannati alla pena
& morte colla fucilazione, eseguita in Ciminna
il 19 settembre dinanzi a molto popolo. La loro sorte
fu compianta da tutti e la memoria di essi vive ancora
nel paese, perché mentre erano condotti al
luogo del supplizio chiedevano a tutti perdono dello
scandalo arrecato colle loro colpe e si pentivano
pubblicamente di quello che avevano fatto. I loro
corpi furono sepolti nella chiesa di S. Francesco
di Paola.
7.
La mattina del 17 novembre il barone Francesco Bentivegna,
trovandosi con altri nel bosco Lacca vicino Mezzoiuso
a preparare la rivolta, per mezzo di Antonino Cugino,
mandò a chiamare in Ciminna Luigi La Porta,
il quale vi andò lo stesso giorno, promise
al suo ritorno di reclutare le persone per la prossima
rivolta e fece ritorno collo stesso Gugino. Infatti
la mattina del 22 raggiungevano ivi il Bentivegna
sei persone armate spedite da Luigi La Porta e comandate
da maestro Calogero Gattuso.
8. Questo casino, ch'è
il più antico di tutti perché fondato
verso il 1800 dal Dr. D. Andrea Anzaldi, rimase chiuso
alcuni mesi per ordine di Maniscalco e fu riaperto
per l'amichevole intervento del Giudice del Circondario
Avv. Vincenzo Lalia.
9. Registro delle deliberazioni
decurionali, 4 aprile 1857.
10. ALFONSO SANSONE,
Cospirazioni e rivolte di Francesco Bentivegna, Palermo
1891, p. 112.
11.
Archivio di Stato di Palermo
12.
GIACOMO ODDO, I Mille di Marsala, Milano 1863
.13. Di
questi fatti esiste, in data 5-18 maggio 1860 un rapporto
del Comandante la Colonna mobile dei Pionieri nel
Grande Archivio di Palermo, Ministero Luogotenenziale,
Polizia, filza 1671. Essi sono anche acennati in un
decreto del principe di Castelcicala, in data 3 maggio
1860, col quale chiama in vigore l'ordinanza del 16
giugno 1849 in fatto di asportazione e di deten-zione
d'armi senza speciale permesso dell'Autorità.
Tribuna marmorea eseguita nel 1522 ed attribuita ad
Antonello Gagini (Chiesa di S. Domenico).
14.
ARRIGO LIBORIO, Storia della Rivoluzione dell'anno
1860 in Termini, Termini Imerese 1886, p. 97.
15. Fra i Ciminnesi,
che presero parte all'entrata di Palermo, morì
colpito da una palla nemica un certo Santo d'ignoti,
e fra quelli che parteciparono a tutta la campagna
fino alla resa di Gaeta vi fu il Sig. Traina Michelangelo,
allora giovane di diciassette anni.
Top
8.
Conduttura dell'acqua S. Pantaleo dentro
l'abitato
Dopo alcuni anni di
libertà e di vita costituzionale Ciminna sentì
il bisogno di un miglioramento materiale, e il detto
bisogno, alimentato dai progressisti, divenne un delirio:
acqua potabile e strada a ruota furono il grido di tutti
i Ciminnesi. Allora il Sindaco con lettera del 24 ottobre
1867 si rivolse ad un suo conoscente Ing. Agostino La
Masa da Termini, per avere un progetto d'arte relativo
alla raccolta e conduttura delle acque Marrana. Questi
esaminò le dette acque e, trovatele veramente
potabili, rispose con lettera dell'8 dicembre 1867 dando
il progetto, il quale poi fu dato definitivamente in
appalto al Sig. Francesco Gallegra da Termini pel prezzo
di L. 30825, approvato dal Sotto Prefetto il 10 sett.
1868. Questa somma poi fu aumentata un poco, perché
la lunghezza della conduttura in ghisa, che nel progetto
La Masa era di m. 1850, nel collaudo fu trovata 57 metri
in più. Le opere furono compite e inaugurate
il 14 marzo 1869, che segnò un'era di progresso
e di civiltà e fu di vera gioia pel popolo di
Ciminna. Descrivo il tripudio e le feste celebrate in
quel giorno memorando, come si leggono in un opuscolo
stampato in Termini nello stesso anno e dedicato al
Deputato Luigi La Porta.
« Albeggiava appena il crepuscolo del giorno 14,
che veniva salutato dallo sparo dei mortaretti e dal
fragoroso scampanio dei sacri bronzi. Le vie principali
comparivano imbandierate, e la banda cittadina, coi
suoi armonici concerti, percorrendo le strade tutte
del paese rendeva allegro quel giorno.
Alle ore 3 e mezza della sera, riunita la Giunta insieme
ai membri del Consiglio, preceduta dalla propria bandiera,
e dalla banda recavasi in corpo alla Madre Chiesa, ove
tro-vavasi in ordine, il clero, e portavasi quindi con
esso in processione alla piazzetta S. Andrea, ch'era
il punto destinato all'inaugurazione dell'acqua. Stavasi
là accalcato immenso popolo, giovani e vecchi,
ricchi e plebei, uomini e donne.
Riccamente pavesata si mostrava la cappellaccia, sorgente
in mezzo al piano. Colà il Sindaco Dr. Giuseppe
Sganga, salito su di uno sgabello, appositamente eretto,
dirigeva al popolo, che l'interrompeva con fragorosi
applausi, calde e sentite parole. Seguì poscia
un gettar di fiori e di ghirlande al Sindaco, accompagnati
da entusiastiche evviva. Da una eletta schiera di giovani
partivasi un nembo di biglietti contenenti lodi al Sindaco.
Seguiva tosto il sorteggio di dieci vesti, fatte a spese
del Sindaco, a vantaggio delle povere orfanelle. Era
commovente mirare le stesse, colmando di benedizione
il donante, correre esultanti a riceversi il dono. Al
segnale convenuto arrivava l'acqua alla fonte. Il popolo
allora assordava l'aria di festose grida. Si ripeteva
lo sparo dei mortaretti, il suono delle campane, e in
questo mentre dall'anziano del clero, Can. Grazio Riina,
si passava alla benedizione dell'acqua. Intonavasi quindi
l'inno Ambrosiano, accompagnato dall'orchestra. La folla
intanto correva urtandosi a bere nella fonte le limpide
acque. Finita la cerimonia, il Sindaco, seguito da immenso
popolo e accompagnato dagli assessori e dai consiglieri
comunali, faceva ritorno al palazzo Municipale.
La sera parecchie case comparivano illuminate. Tenevasi
concerto musicale nella piazza, davanti il casino di
conversazione, ove presentavansi al Sindaco delle poesie
sull'oggetto del Signor Pretore, dei Maestri comunali
e del Rettore dell'ex-convento di S. Domenico. Leggevasi
pure in istampa una bella poesia, dono dell'inclito
cittadino Sig. Giuseppe La Porta, già Deputato
al Parlamento siciliano».16
16.
Egli nel 1868 coi tipi di Benedetto Lima da Palermo
pubblicò un opuscolo col titolo: Poesie di
Giuseppe La Porta.
Top
9.
Vie e mezzi di comunicazione
Condotta l'acqua potabile
dentro l'abitato, non si pensò ad altro che alla
via rotabile, ch'era stata per lungo tempo l'aspirazione
dei nostri antenati. Dietro reiterate istanze di questa
popolazione nel 1807 il Real Governo Borbonico decretò
la costruzione della strada rotabile da Mezzoiuso a
Caccamo, passando per Portella di Blasi e per Ciminna.
Il detto decreto fu confermato da un altro in data 17
dicembre 1838, e il relativo progetto fu approvato dall'Ing.
Sa-verino. La detta via fu cominciata a tracciare da
Portella di Blasi per un miglio circa, di cui la metà
era anche selciata, e doveva attraversare le due Gasene
e le contrade Bardare, Margio, Cozzoferrato e S. Francesco
di Paola.
Ma i lavori proseguivano molto lentamente, perché
una mano occulta ostacolava la costruzione di quella
via, propugnando invece l'altra di Cefalà Diana,
Baucina, Ciminna. Perciò a 23 dicembre 1858 il
Decurionato di Ciminna, riunito straordinariamente,
deliberò presentare una supplica al Signor Intendente
per tutelare gl'interessi della popolazione. Esso affidò
l'esame di quei dubbi all'Ing. D. Giovanni Bor-gese,
che confermò la traccia eseguita.
Ma non per questo cessarono gli ostacoli di quella mano
occulta, e la costruzione della strada rimase sempre
un desiderio dei nostri antenati. Venuto il nuovo governo,
fu abbandonato l'antico progetto e prevalse quello di
Cefalà, Diana, Baucina, Ciminna, Trabia, Termini,
approvato debitamente dalla Deputazione provinciale
di quel tempo. Ma per disgrazia di Ciminna a questo
punto sopravvenne un fatto, che rese inutile per essa
quel progetto. L'Ingegnere che doveva approvarlo fu
di avviso contrario, e la strada da Baucina fu diretta
a Ventimiglia, lasciando quel Comune fuori del commercio.
Perciò quando nel 1869 la via rotabile divenne
il grido unanime di tutta la popolazione, non si potè
fare altro che costruire un tronco di chilometri cinque
e metri 228 dall'estremità del paese al trivio
Balatelle, dove fu unito a quella provinciale.17
Con deliberazione consiliare del 2 febbraio 1870 fu
stabilito l'appalto dell'opera per la somma di L. 100000,
cioè L. 90460,73 di opere previste e L. 9539,27
di opere impreviste, oltre l'indennità ai privati
per l'espropriazione dei terreni. Furono spesi anche
il sussidio della provincia in L. 55000 e quello del
governo in L. 12000; e perciò la spesa totale
fu circa L. 167000. La manutenzione rimase a carico
del Comune, finché nel 1890 ne fu esonerato dalla
provincia per tre quinte parti.
Nello stesso anno, in cui fu deliberato l'appalto, il
Comune volle inaugurarne l'avvenimento con intervento
di tutte le autorità. A tale scopo il giorno
primo maggio, nel quale coincideva la festa del SS.
Crocifisso, fu solennemente collocata una lapide commemorativa
nella pubblica piazza e precisamente sotto l'orologio
comunale con la seguente iscrizione:
A perpetua rimembranza
D'un deliberato municipale
Qui posto a tergo18
Attuato in questo giorno solenne
Aprendo una via al commercio
II Municipio di Ciminna
Rappresentato
Dal Sindaco Cav. Dott. Giuseppe Sganga
Per le ovazioni popolari
Pone questo monumento
Ciminna 1° Maggio 1870.
Mentre la lapide veniva murata nel sito, dove si osserva
ancora, un popolo festante assisteva alla cerimonia
in mezzo ai concerti della banda musicale e al rimbonbo
di mortaretti. Il momento fu reso più solenne
dalla presenza di un prete, che benediceva la cerimonia
dai balconi del Municipio. L'avv. Giuseppe La Porta
scrisse una poesia d'occasione.
Aperta la via rotabile non si tardò a conoscere
che essa era insufficiente ai bisogni del paese, che
ha il suo commercio nel vicino porto di Termini, e perciò
si è chiesta sempre la costruzione di un altra
via da Ciminna alla contrada Scala, per mettere il paese
in più diretta comunicazione collo sbocco naturale
delle sue derrate.19 Finalmente nel 1908 si ottenne
dalla Deputazione provinciale Pinvio dei due ingegneri
Distefano Salvatore e Lepanto Francesco per la redazione
del progetto, che si spera essere approvato dalle autorità
superiori.
Se la via rotabile da Ciminna alle Balatelle dava uno
sbocco alle derrate, rendeva difficile e penoso il viaggio
alle persone, che volevano recarsi in Palermo. Perciò
quando fra i Comuni di Palermo, Misilmeri, Bolognetta,
Marineo, Baucina, Villafrati, Cefalà Diana, Godrano,
Mezzoiuso, Vicari e Corleone sorse il consorzio per
la costruzione della ferrovia Palermo-Corleone, Ciminna
si affrettò a farne parte con deliberazione consiliare
del 30 gennaio 1881, dando un contributo di L. 24000
pagabili in 20 anni. La stazione ferroviaria dista da
Ciminna 12 chilometri e vi si può andare due
volte al giorno colla carrozza postale.
Intorno a quel tempo il Comune volle anche il telegrafo
per essere in più diretto contatto cogli altri
paesi. Colla tenue spesa di L. 246,80 per l'impianto
e L. 248 all'anno, Ciminna ebbe anche quest'altro vantaggio.
L'inaugurazione fu fatta il 28 aprile 1880, sotto la
sindacatura del Cav. Nicolo Diblasi, con l'intervento
dei tre Sindaci del Mandamento e di tutte le autorità
locali. Il discorso d'occasione fu pronunziato dal segretario
comunale di quel tempo Sig. Santi Sganga.
17.
Quindi il detto tronco fu prolungato fino alla Piazza
Umberto I con una lunghezza totale di chil. 5 e m.
700. Allora la via delle Boccerie divenne la più
importante del paese e fu chiamata col nome di Corso
Maggiore, che nel censimento del 1901 fu cambiato
in quello di Via Umberto I.
18.
In seguito a mia istanza il giorno 27 gennaio 1900,
coll'assistenza dell'assessore municipale Cav. Mariano
Gottilla fu rimossa la lapide per leggere il suddetto
deliberato, che fu tosto rimesso al suo posto. Esso
era del seguente tenore:
«
L'anno mille ottocento settanta il giorno primo
maggio in Ciminna.
La Giunta Municipale composta dai Signori: Saso
Salvatore, Bonanno Francesco Paolo, Bonanno Matteo,
Agnello Leonardo, Presieduta dal Sindaco Dr. Sganga
ed assistita dal Segretario Brancato Giuseppe.
Visto il Deliberato consiliare dell'undici settembre
mille ottocento sessantotto.
Visto il Decreto Sotto-Prefettizio di autorizzazione
del documentato atto di appalto in data del sei
aprile mille ottocento settanta n. 1835.
Delibera unanime d'inaugurare oggi il solenne
aprimento della strada a ruota comunale, ordinando
che il presente verbale, chiuso in astuccio di
piombo, resti depositato nel muro a tergo della
lapide commemorativa.
Precedente lettura, il verbale è approvato
ed indi sottoscritto ».
Il Sindaco G. Dr. Sganga, L'assessore anziano
Francesco Paolo Bonanno , II Segretario Giuseppe
Brancato
19.
Deliberazioni consiliari 23 sett. 1876 e 13 luglio
1907.
Top
10.
Aggregazione del Mandamento al Circondario di Palermo
e nuova circoscrizione.
Tutti questi mezzi
di comunicazione del Comune di Ciminna col capoluogo
di provincia fecero nascere il desiderio e la necessità
di staccare il Mandamento omonimo dal Circondario di
Termini ed aggregarlo a quello di Palermo. Dopo una
lunga agitazione, alla quale presero parte i Comuni
dipendenti, il Mandamento di Ciminna con Legge 7 luglio
1901 N. 340 fu staccato dal Circondario di Termini ed
aggregato a quello di Palermo.
Per questa disposizione
legislativa Ciminna venne ad assumere la seguente circoscrizione:
Provincia Palermo,20
Mandamento Ciminna, 21
Diocesi Palermo, Parrocchia Ciminna, Collegio elettorale
Caccamo, Sezione elettorale Ciminna,22
Circondario Palermo, Pretura Ciminna, Ispettorato scolastico
Palermo, Intendenza di finanza Palermo., Agenz. delle
impos. Ciminna23
, Ufficio del registro Ciminna,23
Distretto militare Palermo, Comando divis.Palermo, Tenenza
Carabinieri Mezzoiuso, Stazione Carabinieri Ciminna,
Delegazione di P. S.Ciminna, Corte di appello Palermo,
Tribunale civ. e pen. Palermo, Conservaz. ipoteche Palermo,
Magazzino privative Marineo, Ripartimento forest. Palermo,
Comizio agrario Palermo, Distretto notarile Palermo,
Dir. poste e telegrafi Palermo.,Ufficio poste e telegrafi
Ciminna.
20. Dal
quale dista chil. 43, cioè 31 di ferrovia e 12
di via rotabile. (Cfr. FRANCESCO TRANCHIDA, Quadro poliometrico
della provincia di Palermo).
21. Coi Comuni dipendenti
di Ventimiglia e Baucina e una popolazione complessiva
di 15.338 abitanti, così divisa: Ciminna 6.265,
Ventimiglia 4.605 e Baucina 4.468. La circoscrizione
giudiziaria si estende anche ai feudi di Randino e Milicia
Soprana, che fanno parte di altri territori.
22. Con elettori politici
n. 546 ed amministrativi n. 984.
23. Col mandamento dipendente
di Mezzoiuso.
Top
11.
Terremoti posteriori a quello del 1823. —
Dopo il 1823 il terremoto
in Ciminna si è ripetuto altre volte con minore
intensità. Il 13 giugno 1843 alle ore 17 e minuti
58 d'Italia furono intese tre forti scosse di terremoto
nella dirczione di sud-ovest a nord-est e durate da
5 a 6 minuti secondi. Esse fecero oscillare il suolo
e le case, ma non accadde alcuna disgrazia; la sola
torre dell'orologio della piazza se ne risentì
pel distacco d'alcune piccole pietre dell'angolo a ponente,
e le sue campane sonarono per gli straordinari colpi
di martello; ciò che sorprese molti abitanti.
Nel 1848 durò per lo spazio di qualche mese,
durante il quale la popolazione dormì all'aperto
nel piano del-l'Apurchiarola in mezzo alle aie del grano.
Non produsse danni rilevanti, e ogni anno il 10 luglio
se ne ricorda l'avvenimento col canto del Te Deum alla
Matrice e nelle altre chiese, e col suono festivo di
tutte le campane alle ore 21/2 di notte, in rendimento
di grazie. Nel 1856 il terremoto durò quasi un
paio di mesi con panico della popolazione, che, non
potendo dormire all'aperto pei rigori della stagione
invernale, passò diverse notti dentro le chiese
pregando Dio, che allontanasse quel flagello. Neppure
questa volta furono prodotti danni importanti.
Dopo mezzo secolo il terremoto tornò a farsi
sentire nel 1906, e durò quasi pure un paio di
mesi. Le scosse più forti furono avvertite nei
giorni 11, 12 e 13 settembre. La prima scossa fu preceduta
da un boato sotterraneo e avvenne la sera dell'11 verso
le ore 20, con grande spavento della popolazione. Questa,
riversata subito nelle strade, si raccolse nella chiesa
di S. Domenico, prese la statua di S. Vito, che si trovava
ivi per la sua festa, e la condusse in processione col
clero e la banda musicale per le vie del paese fino
alla pubblica piazza, ove essa tutta la notte rimase
esposta alla venerazione del pubblico. Nei primi giorni
la popolazione dormì nelle campagne circostanti
al paese dentro baracche di legno o sotto tende, ma
poi, rassicurata poco a poco, ritornò a dormire
nelle proprie case. Gli effetti di quel terremoto furono
leggeri, poiché per ordine dell'Ingegnere del
genio civile furono diroccate una decina di case e ne
furono puntellate circa una ventina. Ma per lo più
si trattava dì case vecchie e lesionate anche
prima. Fra gli edifici pubblici furono danneggiati leggermente
la chiesa di S. Giovanni, il carcere mandamentale e
la pretura. Accenno di passaggio che quel terremoto
colpì altri paesi della provincia di Palermo
e specialmente Termini e Trabia, dove le scosse durarono
anche più a lungo. La causa fu da alcuni attribuita
all'elettricità, da altri ai vulcani e specialmente
allo Strom-boli nelle isole Eolie, da altri ad assestamento
del sottosuolo e da altri a qualche forza endogena d'origine
sconosciuta.
Dopo quell'anno furono avvertite per propagazione altre
poche scosse di terremoto nel 1908, e la più
forte di esse fu quella del 28 dicembre, che distrusse
la sventurata città di Messina.
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12.
Moti polìtici del 1893
Nel 1892 cominciarono
a sorgere in Sicilia delle organizzazioni operaie, che
presero il nome di Fasci dei lavoratori. Lo scopo apparente
era quello di migliorare le condizioni degli operai
con la riduzione delle ore di lavoro, con l'aumento
del salario, con la modifica dei patti agrari, con lo
sgravio delle tasse e con altre riforme. I Fasci erano
diretti da un comitato centrale, che aveva sede in Palermo.
Non tutti i Fasci però sorsero con idee socialiste,
com'era intenzione del comitato centrale; ma la loro
propaganda mise in maggiore rilievo le misere condizioni
dei non abbienti e specialmente dei contadini. Accresciuto
pertanto il malcontento di costoro, successero ben presto
disordini e violenze.
In diversi Comuni vi furono anche gravi e sanguinosi
conflitti fra' cittadini e la forza pubblica.24
In Ciminna durante il 1893 avvennero provocazioni, dimostrazioni
ed abusi d'ogni sorta.25
La pubblica tranquillità fu ivi talmente compromessa
che il Governo dovette mandarvi un distaccamento militare
e tenervelo per molto tempo.
Il Fascio dei lavoratori in Ciminna fu inaugurato il
23 ottobre 1893. Promotore ne fu un certo Calandra Achille,
presidente del Fascio dei lavoratori in Villafrati,
e nel detto giorno, seguito da molti soci di Villafrati,
si recò in Ciminna. Ivi egli tenne da prima una
conferenza nella sala del Fascio ed uscito poi nella
pubblica via, senza il debito permesso dell'autorità
di P. S. cominciò ad arringare la folla; ma fu
tosto dichiarato in contravvenzione e con sentenza del
30 novembre dello stesso anno venne condannato dal pretore
di Ciminna all'ammenda di L. 83. Presidente effettivo
del Fascio fu nominato un certo Ilardi Paolo da Ciminna.
Da molti si credeva che il 3 gennaio doveva scoppiare
la rivoluzione, e con l'aiuto della Francia doveva far
ritorno il Governo borbonico. Gl'individui più
risoluti avevano già pronta financo la bandiera
per la rivolta ed a gruppi si permettevano spesso d'impedire
la libertà di lavoro, onde il 25 ottobre ne furono
arrestati parecchi. Il giorno dopo si trovò affisso
un manifesto eccitante allo sciopero, e il giorno 30
ebbe luogo una grande dimostrazione di molti popolani,
che portavano la scritta: «Pane e lavoro».
In tale occasione Bernardino Verro, componente del comitato
centrale, tenne in pubblico un discorso, e nello stesso
giorno furonoarrestati altri tre individui, che volevano
impedire la libertà del lavoro.
Per timore di maggiori disordini, gli uffici pubblici
erano custoditi notte e giorno da carabinieri e guardie,
e i civili del paese, preoccupati da sì vive
agitazioni, pensarono di organizzarsi a scopo di difesa;
ma il 1 gennaio 1894 fu proclamato lo stato d'assedio
e così tornò subito la tranquillità.
Il 9 gennaio il Fascio fu sciolto, e il 23 dello stesso
mese furono arrestati 15 individui, che avevano preso
parte attiva a quei disordini, e vennero tradotti subito
al carcere di Termini.
Da quell'epoca in poi le condizioni dei contadini sono
molto migliorate, ma a ciò ha pure influito il
fatto che molti di essi sono emigrati in America.
24.
Tali conflitti sono narrati più diffusamente
da N. COLAIANNI, Gli avvenimenti di Sicilia e le loro
cause, Palermo 1894.
25. N. COLAIANNI, op.
cif., p. 173.
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13.
Emigrazione.
Ora debbo accennare
ad un fenomeno, che in Ciminna si è verificato
altre volte e, riapparso parecchi anni addietro, dura
tuttora. Esso è l'emigrazione, che nel secolo
XVII diede origine ai Comuni di Ventimiglia e Baucina
ed ora è estesa a molti paesi civili dell'Europa.
Cominciò dopo il penultimo censimento fatto nel
1881 e raggiunse il massimo nel triennio 1905-1907;
ora si calcolano quasi 2000 gl'individui emigrati da
Ciminna. L'emigrazione è diretta principalmente
agli Stati Uniti d'America, ed è quasi esclusivamente
temporanea, perché sono pochissimi gl'individui
che non fanno più ritorno al paese nativo. Per
questa emigrazione il numero degli abitanti è
alquanto diminuito. Oltre questo effetto, l'emigrazione
ha prodotto un aumento nel costo della mano d'opera
e della vita, ciò che è stato un bene
per alcuni e un male per altri, e ha diminuito la miseria
e l'usura. Ma l'emigrazione è un fenomeno molto
complesso e deve essere studiato sotto diversi aspetti,
che non posso fare per l'indole di questo lavoro. Esiste
anche un'emigrazione temporanea di contadini nel sud-est
della Sicilia (marine) per la mietitura del grano. Partono
insieme negli ultimi di maggio e ritornano alla fine
di giugno con un discreto gruzzolo.
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14.
Censimenti fatti nel secolo XIX.
Nel secolo scorso furono fatti diversi
censimenti, dei quali ecco i risultati: anno 1816
n. d'ab. 5920; anno 1831 n. d'ab. 5490; anno 1861
n. d'ab. 5323; anno 1871 n. d'ab. 5721; anno 1881
n. d'ab. 6442.26
Nell'ultimo censimento, fatto nel 1901 la popolazione
risultò, di 6265 abitanti con 1531 famiglie.
26. F.
MAGGIORE PERNI, La popolazione di Sicilia e di Palermo
nel secolo XIX, Palermo 1897.
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