1. Leggende del SS. Crocifisso
Il culto del popolo verso il Verbo Umanato, sotto forma
di Crocifisso, è assai diffuso in Sicilia. Molti paesi
l'hanno eletto patrono principale e ne celebrano ogni anno la
festa, in modo più o meno solenne. Le origini di tali
feste sono spesso legate a qualche leggenda locale, di cui alcune
furono raccolte dal Pitrè1.
Nella chiesa di S. Giovanni Battista si venera un Crocifisso
di legno alto tre palmi e mezzo e di colorito molto oscuro.
Il popolo ha per esso una grande devozione e nell' entusiasmo
del suo culto ha creato una leggenda.
Secondo questa, il detto Crocifisso fu scolpito da S. Luca,
ma come e quando sia qua pervenuto nessuno sa dirlo, finché
nel secolo XVII si ritrovò nella sacrestia dell' antico
oratorio di S. Giovanni Battista per uso di accompagnare i morti.
Or nel 1623 certo Bartolo Caiazza, uomo di cattiva fama, fu
di notte tempo barbaramente ucciso con un colpo di fucile. La
mattina seguente si raccolsero intorno al suo domicilio le confraternite,
i religiosi e il clero cori le proprie insegne, fra le quali
il detto Crocifisso. Ma avviata la processione, il giovane che
portava la detta immagine non potè sollevarla dal suolo,
né staccarla dal muro, finché il cadavere fu trasportato
in chiesa e seppellito. Allora potè prenderla facilmente
e riportarla nell' oratorio di S. Giovanni Battista, con grande
meraviglia di quanti seppero tal fatto.
D'allora in poi la detta immagine non fu portata più
per le strade, e nel 1651 la devozione era tanto accresciuta che si
pensò di venerarla in modo particolare. Raccolte alcune
elemosine, il giorno 5 maggio si cominciò a chiamare
il popolo con le campane, e nel detto giorno furono da Dio operati
molti prodigi che sono descritti in una Historia della miraculosa
Immagine del SS. Crocifisso di Ciminna, scritta nel detto anno
dal dottore in sacra teologia D. Santo Gigante, vicario foraneo.
Poi chiesta e ottenuta la licenza dell' arcivescovo di Palermo
D. Martino Di Leone e Cardenas, il 14 dello stesso mese fu celebrata
la prima festa solenne con grande concorso di forestieri.
Allora si sentì il bisogno di costruire una chiesa, che
fu cominciata a fabbricare nello stesso sito ove sorgeva il
detto oratorio e nei locali adiacenti posseduti dalla confraternita
di S. Giovanni Battista.
I mezzi necessari furono apprestati da tutto il popolo con oblazioni
volontarie e con lavori personali, e fra tutti si distinse il
barone D. Filippo Ciminna. Ma con 1' andar del tempo il fervore
del popolo si intiepidì e si riaccese dopo per un fatto
raccontato in una Inflazione della Venerabile Immagine del SS.
Crocifisso, che si conserva nella chiesa di S. Giovanni Battista
in Ciminna, anch' essa manoscritta ed attribuita per tradizione
al dottore in sacra teologia D. Filippo Cascio. Nel tempo in
cui si costruiva la nuova chiesa, la sacra immagine fu collocata
in una cappella della Madrice. Or il rev. sac. D. Benedetto
Liccio trovandosi nel 1709 cappellano notturno e passando una
notte, alle ore tre nella chiesa per pregare al solito la detta
immagine, nel prostrarsi videla con gli occhi aperti e, quel
che è più meraviglioso, sentì dirle che
andasse a riferire ai rettori della fabbrica che voleva terminata
la sua chiesa. A quella vista e a quelle parole il Liccio rimase
tanto sbigottito, che, riferita 1" ambasciata e ammalatesi
per lo spavento, dopo pochi giorni morì il 29 ottobre
dello stesso anno. Allora si ripresero i lavori e fu terminata
subito la chiesa, come risulta dalla lapide esistente scpra
la porta maggiore.
Nella costruzione della chiesa ha pure parte la leggenda. Presso
i bagni termali di Cefalà Diana vi era un fondaco, che
serviva di riposo e ristoro ai passeggieri. Una notte il Signore
e i dodici apostoli, non conosciuti, si presentarono al proprietario
del fondaco e gli consegnarono dodici barili con l'ordine di
non consegnarli ad alcuno, sotto pena di morte. La notte seguente
ritornarono in quel luogo e mentre
erano ivi passò la salmeria del barone Ciminna, proveniente
da Palermo, dove era andata a portare del frumento. Allora staccarono
sei muli, lasciando solamente quello cavalcato dal mulattiere,
il quale dormendo continuò il viaggio verso Ciminna.
Ivi giunto la stessa notte si accorse del fatto e ne diede subito
avviso al padrone e alla giustizia , e mentre stava per far
ritorno in cerca dei muli, questi senza alcuna guida giunsero
carichi con dodici barili che furono scaricati. Sopra ciascun
barile si trovò la seguente scritta : denaro per fabbricare
la chiesa di S. Giovanni Battista. Allora il barone Ciminna,
narrato il fatto meraviglioso, iniziò subito la fabbrica.
Corre anche nel popolo un'altra leggenda sull'origine della
detta chiesa. Si racconta che il Crocifisso apparve in sogno
ad alcune persone di santa vita e disse loro che voleva fabbricata
la chiesa di S. Giovanni Battista, promettendo che egli stesso
aviebbe lavorato nella fabbrica. E, si crede infatti dal popolo
che quando si costruiva là detta chiesa vi erano addetti
dodici operai e altrettanti erano pagati, ma al lavoro erano
sempre tredici e il tredicesimo era quello che eseguiva le cose
più difficili, dava dei consigli e collocò con
precisione le colonne della chiesa. Oltre all'aiuto personale,
il Crocifisso ne diede altri, poiché si vedevano spesso
giungere da soli animali carichi di materiale, come pietre,
gesso, ecc.
Ma la leggenda più commovente, che si racconta intorno
alla detta chiesa è quella della vecchia Sofia o Fosia.
Essa era una povera donna, che abitava una casetta contigua
al' antico oratorio di S. Giovanni Battista e viveva miseramente.
Ma vedendo che la sua casa era necessaria per ingrandire la
nuova chiesa, la donò ai rettori di essa, e nella cosidetta
sacrestia vecchia esistono tuttora le tracce della sua abitazione,
cioè una credenza in muratura e un piccolo sostegno in
pietra per mettervi la lucerna. Oltre a ciò essa comprava
ogni giorno un mazzo d' insalata nell' orto della Fontanella
e lo dava ai buoi del barone Ciminna, che portavano il materiale
di costruzione e i pezzi delle colonne da Chiarastella. Allora
riprendevano vigore e ripartivano presto pel nuovo carico, onde
nacque il motto : la vecchia Sofia fici In tempiu c'un mazzu
d'inzalata.
Finita la costruzione della chiesa, il Crocifisso fu condotto
in essa, ove tuttora si venera in una nicchia della tribuna
maggiore. Ogni anno se ne celebra la festa in modo solenne nel
mese di maggio. E anche questa data si crede scelta dal Crocifisso,
poiché si racconta che, messi a sorteggio i nomi dei
dodici mesi, uscì per ben Ire volte quello di maggio.
In seguito la sacra immagine fu dalla devozione del popolo adornata
di alcuni oggetti preziosi, fra i quali primeggia una croce
di argento con l'anima di legno, alta m. 2,18 ed eseguita nel
1782 nel modo che narra un' altra leggenda.
Il Crocifisso apparve in sogno a un individuo, a cui ordinò
di recarsi a Palermo presso un orefice per fare una croce di
argento. Esso eseguì subito il comando e, raccontato
il sogno all'orefice, gli disse di non manifestarlo ad alcuno.
Allora il Crocifisso apparve in sogno ad un altro individuo,
facendogli sapere che un orefice di Palermo, di cui gli disse
il nome, stava eseguendo la detta croce e gli ordinò
di recarsi da lui per fame eseguire gli adorni. Anche quest'
individuo ubbidì subito ali' ordine ricevuto e, recatosi
dall' orefice, gli manifestò il sogno e gli diede la
commissione, raccomandandogli di non palesarlo ad alcuno. L'
orefice restò meravigliato del fatto, perché nulla
aveva rivelato e quando ebbe finito il lavoro, gli si presentarono
nello stesso giorno i due individui, i quali si conobbero e
si svelarono a vicenda i sogni. Da ciò nacque la leggenda
che il Crocifisso fece eseguire egli stesso la croce di argento.
(1) Feste
patronali in Sicilia, Torino-Palermo.
2. Leggende sulla chiesa di S. Giuseppe e sul Collegio
di Maria.
Oltre alle dette leggende, ve ne sono altre meno conosciute,
che riguardano origine di chiese o fatti prodigiosi attribuiti
a immagini sacre o a persone morte in fama di santità.
Si narra che sul luogo, ove sorge la chiesa di S. Giuseppe,
esisteva anticamente una cappelluccia dedicata alla sacra famiglia.
A lato di essa abitava una donna, che le accendeva spesso la
lampada, raccoglieva elemosine e manteneva nella sua casa alcune
orfanelle. Una notte le apparve in sogno S. Giuseppe e le ordinò
di fabbricare una chiesa dedicata a lui. La mattina seguente
essa manifestò a tutti il sogno e raccolse tante monete
che ne riempì più volte il grembiale, e con esse
fece costruire la chiesa.
Anche il collegio di Maria fondato nel 1732 ha l'origine avvolta
da leggende. Infatti dieci anni prima della sua fondazione,
suor Sera-lina Mainici, suora conversa di S. Benedetto, un giorno
fu rapita in estasi e vide una processione che partì
dalla Madrice e passando dalla Piazza, dal convento di S. Francesco
e dalle Botteyhelle di sopra, finì nella chiesa di S.
Giuseppe.
Nel medesimo tempo fra Pietro da Ciminna, laico cappuccino,
in una estasi vide a fianco della detta chiesa spuntare tre
bellissimi gigli, dei quali due appassirono dopo poco tempo
e 1' altro rimase sempre vegeto. Le dette visioni descritte
in un libro di memorie, appartenente al collegio di Maria, non
furono allora comprese, ma dopo la fondazione di questo si resero
chiare, poiché si fece la processione sopra descritta
e nei tre gigli furono raffigurate le prime tre religiose, delle
quali due ripartirono dopo poco tempo e l'altra vi rimase finché
visse.
In un atto del 25 settembre XI indiz. 1732, rogato dal notar
Domenico D' Alessandro, si narra un* altra visione avuta da
un servo di Dio, il quale gli apparve con un pomo putrefatto
in mano, dicendogli : « Cambia questo pomo in un altro
buono e perfetto ». Ma il servo rispose: «Come
posso io farlo? Tu solo lo puoi con tatua onnipotenza ».
Allora Dio soggiunse : « Prendi il seme di questo
pomo, mettilo sotterra e da esso avrai buoni frutti ».
Sparita la visione il servo di Dio rimase confuso, non sapendo
spiegarne il significato, ma poi pregò il Signore, e
conobbe che quel seme era il collegio, da recente costruito,
dal quale dovevano nascere buoni frutti di educazione e di virtù.
3.Leggende sulle statue della Madonna di Libera
Inferni e di S. Vito
Intorno alla statua di S. Vito, esistente nella chiesa
omonima, corre nel popolo questa leggenda. Una donna malefica
voleva portare la peste in Ciminna, ma 1' impresa non era facile,
perché il paese era circondato da chiese. Tuttavia la
donna tentò di entrare dalla parte dove esiste la chiesa
di S. Antonio abate, ma questo corse subito col suo bastone
mettendola in fuga. Allora essa ritentò la prova per
un'altra via prossima alla chiesa di S- Rocco, ma anche questo
corse subito in difesa del paese e venne a colluttazione con
la donna, la quale potè inoculargli la peste in una gamba,
ma fu costretta a fuggire per la seconda volta.
Ma, volendo portare ad ogni costo il contagio nel paese, si
avviò infine per la via che conduce al santuario di S.
Vito. Ma mal gliene incolse, perché il detto santo, che
è il patrono principale del paese, le corse incontro
e le avventò i suoi cani, che ne fecero scempio e la
costrinsero a fuggire per sempre da Ciminna. Dice pure la leggenda
che 1' eremita del santuario, essendo quella notte andato nella
chiesa per piegare al solito, non trovò la statua del
santo e ne rimase molto meravigliato, ma la mattina seguente
la trovò con i piedi imbrattati e i cani infangati di
terra. Riferito il fatto ali' autorità ecclesiastica
del paese, morì dopo pochi giorni.
Per questa leggenda il popolo, quando è minacciato da
qualche epidemia, fa celebrare delle messe nelle chiese dei
detti santi, allo scopo di ottenere la loro intercessione e
scongiurare il pericolo.
4. Leggende d'alcuni frali del convento di S. Domenico
Altre leggende sono raccontate nel libro delle rendite,
appartenente ali' ex convento di S. Domenico e conservato
nell' ufficio del Registro. Un antico barone di Ciminna
dava molestie ai frati del detto convento. Or S. Domenico,
volendo liberarli, si presentò da incognito al
castello, chiedendo udienza al detto barone. Ma questi
gliela negò per ben tre volte, e allora il santo,
rivolto al paggio, gli disse : Dite al barone di Ciminna
che lo farò pentire del cattivo trattamento che
usa ai frati domenicani e, ciò detto, disparve.
Riferito il fatto al barone, questi, adirato per le parole
temerarie del frate, lo fece ricercare da per tutto ;
ma non fu possibile trovarlo, né averne notizie.
Per la qual cosa si giudicò che il detto frate,
per le fattezze del sembiante descritte dal paggio, fosse
stato S. Domenico, e infatti il barone morì dopo
poco tempo con terrore di tutti.
Più note sono le leggende, narrate pure nel medesimo
libro di rendite e attribuite al padre Santi Grech, vissuto
nella seconda metà del secondo XVIII e conosciuto
col nome di padre Malta, perche nativo di quell' isola.
La sua vita è narrata in una poesia siciliana,
composta da un certo Minicu di Masi, che sarà riportata
in seguito.
Quando avvenne la sua morte, la campana suonò a
mortorio da sola e commosse fino al pianto tutto il popolo.
Il suo corpo giace nella sepoltura appartenente alla Compagnia
del Nome di Dio in S. Domenico, e nel 1911 fu a spese
di alcune persone devote rifatta a nuovo la cassa di legno,
nella quale sono racchiuse le sue ossa.
5.
Leggenda di alcuni frati cappuccini
Altre leggende si narrano di alcuni frati che vissero
nell' ex convento dei cappuccini. Fra questi accenno al P. Salvatore
da Pantelleria, che ebbe il dono delle profezie, ed esiste ancora
il cinto da lui usato, che alcune donne del popolo mettono sul
letto delle partorienti allo scopo di facilitarne il parto.
Accenno anche a fra Pietro da Ciminna, laico cappuccino, del
quale esiste ancora il ritratto nell' ex convento dei Cappuccini,
oggi Boccone del Povero. Di lui si raccontano vari fatti prodigiosi.
Una volta, pregando nella chiesa dei cappuccini desiderava comunicarsi
e l'ostia sacra si staccò dall'altare e soddisfece il
suo desiderio. Un'altra volta, trovandosi in Ventimiglia per
la questua, mise dell' olio nella bisaccia e lo portò
nel convento sensa perderne una goccia.
Accenno infine al P. Girolamo da Cammarata, il quale una volta,
celebrando devotamente la messa nella festa dei SS. Innocenti,
vide sopra l'altare un drappello di quei martiri con abiti preziosi.
6. Leggenda
di una campana
Altre leggende si narrano di alcuni frati che vissero
nell' ex convento dei cappuccini. Fra questi accenno
al P. Salvatore da Pan-telleria, che ebbe il dono
delle profezie, ed esiste ancora il cinto da lui usato,
che alcune donne del popolo mettono sul letto delle
partorienti allo scopo di facilitarne il parto.
Accenno anche a fra Pietro da Ciminna, laico cappuccino,
del quale esiste ancora il ritratto nell' ex convento
dei Cappuccini, oggi Boccone del Povero. Di lui si
raccontano vari fatti prodigiosi. Una volta, pregando
nella chiesa dei cappuccini desiderava comunicarsi
e l'ostia sacra si staccò dall'altare e soddisfece
il suo desiderio. Un'altra volta, trovandosi in Ventimiglia
per la questua, mise dell' olio nella bisaccia e lo
portò nel convento sensa perderne una goccia.
Accenno infine al P. Girolamo da Cammarata, il quale
una volta, celebrando devotamente la messa nella festa
dei SS. Innocenti, vide sopra l'altare un drappello
di quei martiri con abiti preziosi.
6. Merita pure di essere conosciuta un'altra leggenda,
che si riferisce alla campana grande della Madrice.
Essa fu fatta nel 1 550 e si dice per tradizione che
per trovare il denaro necessario la baronessa di Ciminna,
che ne aveva il dominio feudale, raccolse per le strade
tanti anelli e oggetti d'oro, che riempì il
grembiale1.
Altri narrano che la detta baronessa gettò
l'oro nella fornace mentre si fondeva la campana.
Questa fu rifusa dai fratelli Carmelo e Mario Virgadamo
da Burgio il giorno 8 gennaio 1935 colla stessa forma
e grandezza della prima e porta la seguente iscrizione
:
Sancta Maria Magdalena ora prò nobis.
Paolo de Barone vicario et procuratore hoc opus fecit
Hjeronimus de Garbati, anno D.ni 1550. Piis cleri
populique oblationibus archipresbytero D. Vito Calcagno
Ciminnae anno D.ni 1935 fratres Virgadamo refuderunt.
(1) Se
la leggenda corrisponde a verità, la pia
baionetta fu Maria Ventimiglia, la quale successe
al di lei padre Guglielmo Ventimigtia che sedò
in Palermo la cospirazione di Giovanni Luca Squarcialupo.
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