1. Il termine blasone trasportato dall'araldica
e introdotto nel folklore dal Rollaid e poi con successo adoperato
dal Gaidoz e dal Sébillot serve a designare i (rizzi,
i motti, le ingiurie, le leggende e gli aneddoti fra un popolo
e 1' altro, fra una città e 1' altra e talvolta fra Un
quartiere e 1' altro di una stessa città. Essi rimontano
ai tempi più antichi, di cui ci restano numerosi esempi.
I Galilei e i Samaritani non godevano buona fama presso gli
altri ebrei, benché fossero connazionali. Gli abitanti
della Beozia erano considerati nell'antica Grecia come un popolo
inferiore e tali passarono ai posteri. Ai tempi di Dante tutte
le città di Toscana si ingiuriavano reciprocamente, e
così in Sicilia le città di Palermo, Messina e
Catania. Ma tali attributi ingiuriosi sono più frequenti
nei piccoli paesi, specialmente se sono vicini e hanno una certa
rivalità fra loro.
Le fonti del blasone popolare hanno origine nell' affetto esagerato
verso il paese nativo, che fa disprezzare quelli degli altri,
e traggono motivo da caratteri locali (prodotti, mestieri, abitudini,
avvenimenti veri o presunti, spesso faceti).
2.
Ciminna fonda il suo blasone nell' antica
fama di avere l' aria salubre, il panorama incantevole, la terra
fertile e abbondante di ogni prodotto. Infatti il padre Francesco
Lanovio 1
così scrisse di Ciminna : « Commendatur praesertim
ab aeris salubritate ac prospectu quo gaudet, nec deest a solo
ubertas et copia rerum omnium». Nelle antiche fedi
parrocchiali si leggeva anche questo : « ac huius
ubertosi Communis Capitis Circumndarii Ciminnae, totiusque territorii
Archipresbiter». Ma la fama principale derivava dal
vino, come ne fanno testimonianza il Fazzello, il Villabianca
e Vito Amico2,
il quale disse : « Agri ciminnensis faecunditas Celebris
habetur, sed vineis prae-cipue illius terrae consitae Bacche
gratissimae evadunt. Vini idcirco quaestus apud incolas Panormum
usque non levia parit illis commoda ». L'abate Francesco
Sacco3 disse
: « Il suo (di Ciminna) territorio produce grano,
orzo, vino, olio, mandorle e pascoli per armenti. Il suo maggior
commercio di esito consiste in vino ». Per questa
ragione forse fu in antico adottata come stemma la mammella,
che è simbolo di abbondanza e di nutrimento.
Un altro motivo del suo blasone
il popolo Ciminnese lo trova nel tesoro del vicino Monte
Rotondo. Esso crede che ivi siano nascoste tante monete
d' oro quante in nessun altro luogo, e perciò lo chiama
Montedoro, col quale nome ritiene che sia noto in tutto il mondo.
Quando sarà disincantato il detto tesoro, Ciminna diventerà
il paese più ricco del mondo.
Inclinato a vantare le sue cose,
trova largo campo nelle feste religiose e nei santi, particolarmente
S. Vito, che è il patrono principale di Ciminna. Lo ritiene
il Santo più grande e più miracoloso, poiché
ognuno si crede tanto più sicuro quanto più potente
è il suo difensore. In un canto popolare di Ciminna,
che sarà riportato per intero in seguito, si dice :
Nui 'nta Ciminna avemu un picciriddu
Chi pi tuttu lu munnu è canusciutu,
Di nomu si chiama S. Vitu
Ch'è prutitturi di lu nostru Statu.
Nello stesso canto si racconta che, dopo aver pregato
invano la Madonna, S. Michele ed altri santi, 1' ira divina
fu placata da S. Vito:
E S. Vitu cu so putistati
lu a prigari la divina maistati.
Perciò in ogni
calamità pubblica e privata il popolo ricorre al detto
Santo, recitando il rosario di esso, che sarà pure riportato
in seguito.
Egli può fare ottenere
tutte le grazie possibili ed impossibili, tanto che in un altro
canto popolare si dice :
Santu Vitu prutitturi
Siti amatu di lu Signuri
E si vui lu prighiriti
Tutti li grazi ottiniti.
Ma la sua specialità è 1* idrofobia per
evitare la quale basta dire :
Santu Vitu nobili e pulitu,
Anghi di cira e di ferru filatu
Vattinni, cani, ca t'haiu ligatu.
Quest' invocazione si ripete, con qualche variante,
anche in Palermo :
Santu Vitu beddu e pulitu,
Anghi di eira e di ferru filatu ;
Pi lu nomu di Maria
Liu stu cani ch'haiu avanti a mia.
Fermati, cani ca t'haiu liato.4
Ma se per disgrazia, qualcuno sia stato morso da un
cane idrofobo, basta per guarire che beva un pò di acqua
benedetta, che è nel fonte della chiesa di S. Vito.5
II nome più diffuso nel paese, per devozione al santo,
è quello di Vito :
A Caccamu li Giorgi e li Nucasi,
A Ciminna li Peppi e li Viti.
Il diminuitivo è Vituzzu, e il sincopato è
Vi.
Il popolo Ciminnese ha un gran culto anche per il Crocifisso,
che si venera nella chiesa di San Giovanni Battista, e lo ritiene
il più miracoloso del mondo. Si narra infatti che esso
fu scolpito da S. Luca il quale fece pure quelli di Caccamo
e Mezzoiuso, ma diede tutte le grazie al Crocifisso di Ciminna.
Vanta pure le cinque statue di grandezza naturale, rappresentanti
i misteri dolorosi, e crede che le uguali siano solamente a
Roma e a Nicosia. Vanta infine, come ogni altro paese tutto
ciò che ha di pregevole, esagerandone molto l'importanza.
1 Ciminnesi sono ospitali e dicono che Ciminna è minna,
la quale serve di nutrimento a tutti. Sono anche amanti del
lusso e per questa ragione Ciminna aveva anticamente l'epiteto
di Palermo lu nicu.
(1) Chronica
generalis ordinis minimorum. Parigi 1635.
(2)
Lexicon topographicurn, Catania 1754.
(3) Dizionario
geografico, 1799.
(4) G. Pitrè,
Canti popolari siciliani. Palermo, libreria internazionale
Carlo Clau-»«n. 1891, pag. 38.
(5) L'uomo ha
specializzato le protezioni fra i vari santi della chiesa cattolica,
in modo che non esiste malattia la quale non abbia il suo protettore.
La scelta trova la sua ragione nelle vicende alesse della vita
dei santi, o dalla forma del martirio nei cui casi in cui questo
si è verificalo, o dai miracoli attribuiti a un santo
per una particolare malattia. La specialità di devozione
attribuita a S. Vito contro 1' idrofobia è estesa ed
antica, tanto che viene rappresentato con due cani ai lati,
ma essa non trova spiegazione nella vita e nel martirio del
santo e quindi s'ignora dove sia nata e pervenuta a noi. Forse
i miracoli attribuiti a S. Vito a guarire questa malattia hanno
contribuito a diffondere questa speciale devozione.
Però questa specialità di devozione non è
generalizzata in tutti i paesi del cristianesimo. Infatti in
alcune contrade sono ritenuti protettori della rabbia altri
santi, come S. Umberto e S. Tugeau.
3.
Ma per viepiù innalzare se stessa, Ciminna ingiuria gli
altri paesi. Le ingiurie più offensive sono lanciate
contro Ventimiglia (Calamigna) per la sua vicinanza
e per una certa rivalità esistente fra i due paesi. Infatti
i Ventimigliesi son chiamati Calamignari
affumati, perché sono generalmente di tipo bruno,
prodotto, come crede il popolino, dal fumo che si alza dalle
molte legna che essi bruciano ; manciaficurinì e
ficuriniari, perché sono forti mangiatori d' opunzie,
le quali abbondano nel loro territorio e si esportano in Palermo,
dove sono rinomate per la loro squisitezza. Ma l'ingiuria più
grave contro i Ventimigliesi è quella detta da un poeta
popolare, che per maggiore offesa loda gli altri paesi :
Nobili Ciminniti e Bocinari,
Principi e cavaleri Bellafratisi
Appressu ci vanno li Menziusari,
Li Vicarisi sunnu scorcia 'mprisi,
Caccamu a tutti chi li fa pagari,
Citati antica chi porta banneri;
Curnuti sunnu li Calamignari,
Fannu li ruffiani a li mugghieri.
I Baucinesi son chiamati purcara,
perché esercitano l'allevamento dei maiali e li vendono
in altri paesi, sicché è nato il motto : A Ciminna
mulinara, a Calamigna rimunnatura, a Bocina
purcara, chiamati anche sangunazzara, perché
sono ghiotti di sanguinaccio. I Ciminnesi se la prendono anche
con S. Marco, un tempo patrono principale di Baucina, il quale,
per istrano ricordo mitologico, è ritenuto il santo dei
venti, che dirige a sua voglia, come l'antico Molo, il quale
tenevali incatenati nelle sue caverne. Perciò accade
spesso che i contadini, quando hanno bisogno del vento o questo
soma con molta forza, danno al detto santo gli epiteti più
ingiuriosi. Qualche volta, invece, lo pregano per avere il vento
propizio ; ma ciò avviene di rado, perché esso
non ha fama di gran taumaturgo. Si racconta, infatti, che la
sua statua fu una volta condotta in processione, durante la
quale piovve. Il popolo cominciò a pregarla, perché
facesse cessare la pioggia, ma, vedendo che questa continuava,
la lasciò in mezzo alla via.
I Villafratesi son chiamati per ischerno issalòri,
perché esercitano a preferenza l'industria del gesso,
che esportano in altri paesi. Per dimostrare la loro stupidezza
si racconta di un tale che, guidando un certo numero di asini
caricati di gesso, credette che gliene mancasse uno, perché
non contava quello su cui era a cavallo.
Però sono ritenuti anche ladri, perché si dice
: Li Ciminniti siminano e i Bellafratisi arricogghinu.
Ciminna conza e Bellafrati mancia. Il motto nacque
dal fatto che i Ciminnesi possiedono molte terre in quel di
Villafrati e sono vittime di furti che attribuiscono ai Villafratesi.
I Vicaresi son chiamati vicarioli,
forse per la somiglianzà delle due parole o per il fatto
che avevano anticamente un famoso castello, che serviva di carcere,
e scorcia 'mpisi come tutti i popoli coi nomi terminati
in isi. Per ischernire i Vicaresi si racconta in Ciminna che
essi una volta, avendo bisogno dell' organo per celebrare una
festa in chiesa, portarono in essa una scrofa coi suoi porcellini.
I Caccamesi son chiamati arrozzulamatri,
poiché si dice che una volta un caccamese fece cadere
la propria madre, e nessuno si fida della loro amicizia essendo
comunissimo il motto : Caccamisi, cacamici. Di essi
si racconta il seguente aneddoto. Una volta i Terminesi in occasione
di una festa volarono un pallone areostatico, e i Caccamesi,
volendo superarli ne fecero uno più grande1;
ma per l'ignoranza di coloro che lo costruirono o di quelli
che dovevano innalzarlo, il pallone non potè volare.
Allora i Ciminnesi, saputo il fatto, indirizzarono ai Caccamesi
i seguenti versi :
Jetta di lu culu un certu sbrizzu
Prima di fari volu lu gaddazzu,
Ammola 'nta na petra lu so pizzu
E si disponi poi pi lu sbulazzu.
Facisti lu palluni a sirratizzu
E lu 'ncuddasti poi cu farinazzu
Ci dasti motu, ci dasti l'indrizzu ;
Vulà, ma chi vulà ?
Vulà stu ca...
Tu ti vanti ca si Cartaginisi !
Va vinnili a cui vuoi chisti to vasi.
La cacca a tia lu nomu ti lu misi,
Mentri cacava un certu mastru Brasi.
L' omini dotti sunnu 1' Imerisi.
Dotti chi sannu a funnu S. Tummasi,
Tu inveci di mittiriti a st' imprisi,
Va sguazzatela danari li casi.
Ma i Caccamesi risposero, come suoi dirsi, per le rime
:
Giacchi tu cuminciasti di lu sbrizzu
Chi jetta di lu culu lu gadduzzu,
Signu è ca 'ddà ammulasti lu to pizzu
Prima di dari a la musa sbulazzu.
'Nta ssà tistazza fatta a sirratizzu
Nun e' è mirudda no, e' è farinazzu
;
Si lu palluni miu persi l'indrizzu
Nun lu perdi pi tia però stu ca...
Si poi mi vantu iu Cartaginisi,
Dicu la virità, nun vinnu vasi ;
La minna a tia lu nomu ti lu misi
Mentri chi dava minna mastiti Masi.
Nun mi parrari poi di l' Imerisi,
Sannu lu libru ma no S. Tummasi,
Si Caccamu ni pigghia giust' imprisi
Lu sguazza in cu... a tia 'nta li to' casi.
I Terminisi sono chiamati sciddicaculu,
ingiuria nota anche in altri paesi, scorciampisi, vastasi
e iurèi, epiteto detto anche a quelli di Aragona
per la loro rappresentazione del mortorio2.
Contro di loro e contro le donne di Palermo si dicono in Ciminna
i seguenti versi, pubblicati con qualche variante dal nostro
Pitrè3
:
A Caccamu ci sunnu li Nucasi,
A Termini 1' Austini e su vastasi ;
A Ciminna li Vituzzi graziusi,
A Palermu li fimmini a tutt' usi.
Sono comuni i seguenti motti :
Tirminisi unu ogni paisi, quannu 'un ci nnè megghiu è.
Termini Imerisi porcu paisi, livannu li santi su tutti briganti.
Amici di Termini e cumpari di Cefalù 4.
(1) E' esistito
sempre un grande antagonismo fra queste due città. Per
esprimere intatti che due individui sono nemici, si dice il
motto : sunnu coma Caccamu cu Termini
(2) S. Raccuglia.
Blasone popolare girgentino. Acireale 1913, pag. 27.
(3) Canti popolari
siciliani, voi. I, pag. 393.
(4) Chiedo venia
agli abitanti dei suddetti paesi, perché le ingiurie
ad essi rivolte scopi impersonali e obbiettivi, e pertanto m'
illudo che non se 1' abbiano a male in specie che non l' ho
creato io e non ho taciuto i motti e le ingiurie dette contro
Ciminna
4.
Ma se i Ciminnesi hanno così cattiva opinione degli abitanti
di altri paesi, questi non ne hanno di loro una migliore. Infatti
li chiamano Ciminniti allinchiati, vucchi moddi,
cioè pigri, lenti nel parlare e uomini da nulla. Li chiamano
anche, per antonomasia, Vitu, che e il nome del patrono
di Ciminna, perciò dicono, per ischerno, motti di questo
genere : Vitu, si sceccu o Ciminnitu ? - Viva Ciminna
ca ca l'ancilu vola e santu Vitu porta la bannera. Altri
infine, alludendo al fatto che i Ciminnesi sono molto ghiotti
di fichi, dicono :
Santu Vituzzu si 'tini iu a ficu,
Tutta la notti fu bastuniatu ;
Nun mi 'inni dati cchiù ca vi lu dicu,
Setti piruzzi mi n' haiu manciatu ;
Mi 'nni calau una sutta lu viddicu,
Pi miraculu 'un mi avia sguaddaratu.
Ma nel medesimo tempo i Ciminnesi son detti ladri e
traditori, come lo dimostrano i seguenti versi che si ripetono
nei paesi vicini :
'Nmenzu di chisti tri petri di issu
Nun ci sia nuddu chi ci vegna a spassu,
Ca 1' acqua chi nutrisci iddu stissu (il gesso)
E' tossicu, vilenu, feli e tassu.
Ciminna addivintau vucca d' abissu,
Latri e traditura e' è ad ogni passu,
E Giuda lassau dittu iddu stissu :
A tia, Ciminna lu miu uffiziu lassù 1.
Queste ed altre ingiurie, che si omettono per brevità
e decenze si danno vicendevolmente i detti paesi. Ma i blasoni
popolari vann< scomparendo come tanti altri usi e costumi
antichi. 1 motti, i frizzi gli epiteti e le ingiurie fra un
paese e 1' altro, fra un quartiere e l'altro dello stesso paese
sono destinati a scomparire in breve tempo Alimentati da rivalità,
da interesse e da lotte civili non hanno più ragione
di esistere, perché tutti i paesi sono parti di un tutto
che è la Patria, e tutti gì' individui figli di
una sola madre, 1' Italia.
(1) Una variante
assai consimile e forse una vera imitazione esiste per Salemi
nei Canti popolari siciliani di Giuseppe Pitrè, vol.
1, pag. 95 :
Supra sti quattru timpuna di issu
Chistu è Salemi, passaci ci' arrassu,
Sunnu nimici di lu Crucifissu,
Ed amici d'Erode e Caifassu,
O cari amici, min ci viniti spissu,
Ca sunnu chini di vileau e tassu,
E Guida lassau dittu iddu stissu :
Salemi, lu me uffizziu iu ti lassù.
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