1. Ogni paese, anche piccolo, ha i suoi
motti e i suoi proverbi locali, che hanno origine da un fatto
storico, da una leggenda, o da qualche uso e costume antico.
La maggior parte di essi son nati dalla tendenza naturale del
popolo a fare confronti con oggetti e cose materiali, e questa
tendenza, secondo 1' esame fatto dal Pitrè, è
maggiore in Sicilia che in altre regioni d' Italia. In Ciminna
infatti per esprimere una grande estensione si dice : granni
quantu ìu chiami di la Pircalora, che è un
piano limitrofo al paese e di proprietà comunale, ora
assai più piccolo per le usurpazioni dei privati ; per
esprimere invece una grande altezza si dice : granni quanta
lu Cozzu di Matritunnu o lu Vausu di lu Castidduzzu,
che sono due monti del territorio di Ciminna.
2.
Altri motti e proverbi son nati per similitudine con individui
storici o leggendari. Tali sono i seguenti : Fici
coma fra Currau ca l' tempu lu gabbau. Esso fu
terziario del convento di S. Francesco d Assisi e passò
la vita nell' eremitaggio annesso alla chiesa di S. Vito. Si
racconta di lui che, avendo molti denari, li donò all'
Ospedale di Ciminna, e ritenendo per la sua vecchiaia che fosse
vicino a morire, ne trattenne una piccola parte. Ma egli sopravvisse
molto tempo e Perciò fu costretto a limosinare. Questo
motto si applica a chi dona rotte le sue sostanze e poi rimane
nella miseria.
il motto Papasuni carzaratu ebbe origine
da un servente comule il quale visse nel secolo scorso e aveva
questo soprannome. In tempo gli amministratori del Comune avevano,
contrariamente a attuale, la responsabilità dei loro
atti e quando commettevano delle colpe erano anche condotti
in carcere. Ma accadeva, non di rado, che essi li addossavano
al povero servente, il quale perciò ne pagava ingiustamente
il fio ; da ciò 1' origine del motto per dire che gli
stracci vanno sempre in aria.
3.
Vi sono poi motti e proverbi nati da leggende, aneddoti, etc.
Megghiu radichi di Santalania ca viscotta di batia.
Questo proverbio ebbe origine dalla seguente favola, che va
per le bocche di tutti ed è molto simile, per non dire
identica, a quella dei due topi narrata in versi da Gaspare
Gozzi. C' era una volta un topo, che viveva nell' ex monastero
di S. Benedetto e si nutriva abbondantemente di cacio, biscotti
e altri cibi gustosi. Un giorno andò a passeggio sul
vicino colle di Sant' Anania e si incontrò con un topo,
che viveva miseramente di radicette e di erbe selvatiche. Avutone
compassione, l'invitò a seguirlo nel detto monastero,
dove era in abbondanza ogni sorta di cibo. Il topo di campagna,
allettato da queste promesse, non si fece ripetere 1' invito
e si mise tosto dietro alle sue orme. Arrivati ivi, entrò
prima quello che conosceva i luoghi, e condusse il compagno
nella stanza, ove erano conservati dolci e altri cibi saporiti.
Dopo essersi satollati tranquillamente per parecchi giorni,
lasciarono quel luogo per rivedere la campagna. Ma giunti alla
porta di uscita, trovarono sulla soglia il gatto e fuggirono
subito, ma esso, più lesto di loro, ghermì il
topo del monastero eh' era più vicino e in men che si
dica ne fece un bel boccone. Allora 1' altro topo fuggì
e disse quel motto, il quale si ripete ogni volta che si presenta
un negozio vantaggioso, ma pieno di pericoli. Iu
diunu e tu a lu scuru è un altro motto
nato dal seguente aneddoto. C' era una volta un eremita addetto
alla chiesa di S. Vito e di lui si racconta che una sera ritornò
nel suo eremitaggio senza aver raccolto nella giornata alcuna
elemosina. Entrato nella chiesa si rivolse alla statua del santo,
dicendole quelle parole.
4.
Alcuni motti e proverbi sono nati da usi e costumi locali. Tali
sono per esempio i seguenti : Vuliti sapiri lu beni
e lu mali ? iti a lu Fuddella e a lu Canali. In
queste località, vicinissime al paese sono due lavatoi
pubblici, ove si recano a lavare tutte le serve, le quali, sciorinando
i segreti dei loro padroni e ingiuriandosi a vicenda, fanno
sapere a chi ascolta il bene e il male.
Un altro motto infine, caduto ora in disuso è questo
: Si 'nni iu cu I' opra santa, e si
diceva per indicare le persone morte nella estromo della miseria.
Esso nacque da un uso antico della confraternita detta la
Solitudine, e comunemente il Sabato. Quando moriva
un individuo povero, due confrati andavano questuando col coppo
nel paese e dicendo a voce alta : opra santa! Col denaro
raccolto si seppellivano i cadaveri dei poveri.
5.Oltre
a quelli suddetti, il popolo Ciminnese ha moltissimi proverbi
che sono comuni ad altri paesi della Sicilia. Il libro dei proverbi
di Salomone nella versione dei Settanta porta il titolo di paté-mie,
che corrisponde assai bene a quello di proverbi, e la paremiologia
è pertanto lo studio dei proverbi e forma un capitolo
importante del folklore, perché giova molto allo studio
psicologico degli abitanti di un paese o di una regione. Nel
suddetto libro di Salomone sono riuniti gli insegnamenti e le
massime per ogni genere di persone, vi sono le più sincere
regole di morale, della sana e retta politica, e della buona
economia 1.
I proverbi sono la sapienza del popolo acquistata col decorso
di tanti secoli e di tante generazioni, il codice comune a cui
attingono tutti e tutti uniformano la propria condotta. Il popolo
crede ai proverbi, come a verità infallibili : lu
muttu anticu nun pò falliri ed egli non s'inganna,
perché i suoi proverbi trovano riscontro in quelli della
sacra scrittura, nella sapienza umana e nei detti degli uomini
illustri. Ogni regione ha i suoi proverbi e la Sicilia ne possiede
la raccolta più abbondante che abbia qualunque altra
letteratura, poiché il Pitrè nei suoi quattro
volumi dei proverbi siciliani ne raccolse ben quattordicimila,
che meglio di tutte le altre testimonianze rilevano l'indole
del popolo.
(1) La Sacra Bibbia, tradotta
da Mons. Antonio Martini, Firenze 1832, voi. II, P«g.
600.
|